"Adelphoe - I Fratelli": la commedia di Terenzio in scena al Teatro Antico di Segesta
Nell'ambito del "Calatafimi Segesta Festival - Dionisiache 2018" va in scena al Teatro antico di Segesta "Adelphoe - I Fratelli" di Publio Terenzio Afro, nell'adattamento e la regia di Silvio Giordano, martedì 21 e mercoledì 22 agosto.
In scena Pietro Longhi, Paolo Perinelli, Luca Negroni, Danilo Celli, Maria Cristina Gionta, Olimpia Alvino, Pierre Bresoli, Guido Goitre e Filippo Valastro, con le scene di Lollo Zollo Art, i costumi delle Sorelle Ferroni, le musiche di Aioresis.
Un autore è stato spesso considerato dai suoi contemporanei "troppo moderno", con all'attivo sei commedie "palliate" ispirate quindi ad un modello greco, operando una vera e propria riforma nell’ambito di questo genere.
La carriera drammaturgica di Terenzio, non fu certo facile come quella di Plauto, forse perché nella sua opera non troviamo l’esuberanza, le acrobazie verbali, i giochi di parole del sarsinate.
Terenzio, infatti, usa uno stile ed un linguaggio sobrio, naturale, all’insegna della compostezza e della semplicità evitando espressioni popolari e volgari in omaggio forse all’esigenza di equilibrio e di raffinatezza che egli mutuava dal sofisticato circolo scipionico di cui faceva parte.
In scena Pietro Longhi, Paolo Perinelli, Luca Negroni, Danilo Celli, Maria Cristina Gionta, Olimpia Alvino, Pierre Bresoli, Guido Goitre e Filippo Valastro, con le scene di Lollo Zollo Art, i costumi delle Sorelle Ferroni, le musiche di Aioresis.
Un autore è stato spesso considerato dai suoi contemporanei "troppo moderno", con all'attivo sei commedie "palliate" ispirate quindi ad un modello greco, operando una vera e propria riforma nell’ambito di questo genere.
La carriera drammaturgica di Terenzio, non fu certo facile come quella di Plauto, forse perché nella sua opera non troviamo l’esuberanza, le acrobazie verbali, i giochi di parole del sarsinate.
Terenzio, infatti, usa uno stile ed un linguaggio sobrio, naturale, all’insegna della compostezza e della semplicità evitando espressioni popolari e volgari in omaggio forse all’esigenza di equilibrio e di raffinatezza che egli mutuava dal sofisticato circolo scipionico di cui faceva parte.
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