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Gli agrumi salvavita e le nuove scoperte: il succo di limone (trattato) combatte il cancro

Il laboratorio di Biologia di Palermo ha scoperto che nel succo degli agrumi esistono delle piccole sacche che determinano significative regressioni del tumore

  • 23 agosto 2019

Domenica scorsa ho iniziato un esperimento scientifico nella qualità di cavia da laboratorio. Assumerò per sei mesi un estratto proveniente da limoni. Ora vi spiego di che si tratta e perché credo possa essere una questione strategica e vitale per la nostra terra.

Il laboratorio di Biologia di Palermo diretto dal professore Riccardo Alessandro ha scoperto che nel succo degli agrumi, nella fattispecie limoni, esistono delle piccole sacche, gli scienziati le chiamano microvescicole.

Queste microvescicole applicate in laboratorio a tessuti tumorali determinano significative regressioni del tumore. Detti effetti sono oggetto di varie pubblicazioni internazionali e sono oggi accettati come validi dalla scienza.

In pratica sembrerebbe che queste microvescicole siano il posto nel quale si concentrano le caratteristiche benefiche degli agrumi che tutti conosciamo. In dettaglio contengono centinaia di sostanze attive diverse che sembrano lavorare in sinergia tra loro. Siamo quindi ad un confine che va molto oltre il semplice principio attivo della farmacopea: siamo nel mondo della nutraceutica. Ovvero quell’ambito che individua e circoscrive le qualità benefiche degli alimenti per farne integratori alimentari a supporto della salute.
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Da questa scoperta è nata una stat-up palermitana: Navhetec, a cui auguro grande fortuna. Questa società si occupa di confezionare degli integratori alimentari a base di queste sostanze.

Attraverso una serie di perfezionamenti: inizialmente con sofisticate tecniche di centrifuga, oggi con un sistema brevettato, Navhetec estrae queste microvesciole, che sono estremamente piccole, nell’ordine del micron, ed è pertanto in grado di concentrare in pochi milligrammi il potere benefico di decine se non centinaia di agrumi.

E veniamo a noi. Da tre mesi è partita la sperimentazione in doppio cieco su soggetti malati curata al Policlinico dal gruppo del prof. Giuseppe Montalto. Viene somministrato questo estratto ed un placebo ad un gruppo di pazienti affetti da sindrome dismetabolica (in pratica è affetto da questa sindrome chi ha almeno tre parametri fuori controllo tra cui colesterolo, glicemia, indice di massa corporea ecc.).

In tal modo il gruppo di ricerca intende verificare se quanto dimostrato in laboratorio su tessuti isolati ha effetti anche su pazienti vivi. La sindrome dismetabolica infatti è un indice di infiammazione propedeutico a tante malattie.

Non vi allarmate. A me non viene somministrato questo estratto in quanto malato. Parallelamente al doppio cieco infatti è previsto nell’esperimento un gruppo di controllo su pazienti sani. La settimana scorsa ho superato il test e le analisi.

Risulto in termini scientifici sano come un pesce e pertanto sono stato promosso a topo da esperimento, con la somma promessa che a fine esperimento non sarò dismesso fisicamente, come capita alle vere cavie, e potrò anche raccontarvi gli effetti che ha avuto l’esperimento su di me.

Scherzi a parte seguo le vicende di Riccardo da anni e sono molto onorato di partecipare all’esperimento. Sarà anche una occasione per raccontarlo.

Io credo che quanto sentiamo la frase “dovremmo vivere di turismo ed agricoltura” dobbiamo pensare a progetti e processi come questi, ovvero sviluppare la capacità di dare valore alle nostre produzioni anche attraverso processi tecnologici e tecnici. Navhetec senza la nostra produzione agrumicola non esisterebbe, ed è indubbio che il potenziale è molto oltre il semplice succo di arancia, quindi partiamo da una cosa che esiste e le diamo una connotazione con valore economico molto più alto sul mercato.

È impensabile continuare ad immaginare uno sviluppo agricolo che guardi solo a modelli di inizio Novecento.

Se io fossi assessore all’agricoltura ne farei un progetto strategico attorno al quale aggregare la produzione agrumicola e la trasformazione industriale. E lo utilizzerei oltre che per il potenziale in se, anche quale occasione per promuovere il valore in termini salutistici delle nostre produzioni agricole. Ne farei una bandiera per l’intera produzione agricola siciliana, magari finanziando ricerche analoghe su altri prodotti agricoli strategici per la Sicilia come l’uva, il pomodoro ecc.

Vi faccio notare che il lavoro di Navhetec è infatti in se anche la migliore certificazione possibile che la nostra produzione agrumicola fa bene alla salute. E semplicemente valorizzando un prodotto come questo la ricaduta sul comparto se ben gestita in termini di marketing e comunicazione sarebbe straordinaria.

Naturalmente questo comporterebbe un cambio di paradigma nella visione dell’assessore all’agricoltura di turno. Si dovrebbe trovare a gestire delle campagne internazionali in lingua inglese rivolte a segmenti di medi ed alti consumatori.

Ovvero dovrebbe abbandonare le competenze acquisite in questi anni nella distribuzione di risorse a pioggia sul proprio collegio elettorale per l’organizzazione delle sagre e delle feste di paese.

A parte questo uno dei grandi problemi che ho riscontrato seguendo con curiosità le evoluzioni del progetto Navhetec attraverso i racconti di Riccardo tra una birra e l’altra è l’assenza di una rete istituzionale a supporto di progetti come questi, che nascendo al di fuori di un tessuto imprenditoriale consolidato hanno difficoltà a mettere insieme quelle competenze necessarie a fare di una grande scoperta e di una grande intuizione una società economicamente di successo.

Ancora più complesso quando il mercato potenziale di una società come nel caso di Navhetech è il mondo.

Alla fin fine Navhetec è il prodotto di un gruppo di ricerca di personale estremamente competente e qualificato. È impensabile che possano avere innate anche grandi capacità imprenditoriali, e se non affiancati correttamente questo progetto potrebbe essere una delle tante occasioni sprecate nella nostra terra.
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