ITINERARI E LUOGHI
Enormi rocce che assumono sembianze umane: Argimusco è la "Stonehenge siciliana"
Enormi rocce che si stagliano sul panorama come figure umane e animali. Sono state equiparate, da alcuni studiosi, ai megaliti europei. Ecco la “Stonehenge siciliana”
L'Orante, roccia dell'Argimusco
Si arriva così sull’altopiano dell’Argimusco, un pianoro stepposo a circa 1200 metri di quota sospeso tra i monti Nebrodi e i Peloritani. Qui, in un contesto paesaggistico mozzafiato dominato a nord dal Tirreno con le sette isole Eolie e a sud dalla gigantesca mole dell’Etna, svettano diversi monoliti di arenaria quarzosa che assumono sembianze umane o animali.
Una caratteristica che ha catalizzato l’attenzione di studiosi e curiosi, i quali hanno tenuto a battesimo i massi principali. Aprono il percorso così “Virilità e Femminilità”, due grandi rocce che ricorderebbero gli organi sessuali rispettivamente dell’uomo e della donna, ma che in realtà sembrano le colonne di ingresso a questo meraviglioso sito.
Vera e propria chicca è “L’Aquila”, un grande monolite le cui fratture disegnano la testa di un’aquila ad ali spiegate. Tra felci e bassi cespugli potrete ancora incontrare “il Babbuino”, un masso la cui facciata meridionale ricorda un primate, e “il Grande Sedile o la Torre”, un cubo quasi perfetto che chiude l’orizzonte settentrionale dell’altopiano.
Queste enormi rocce, alte fino a 20 metri, sono state equiparate da alcuni studiosi alle grandi strutture megalitiche dell’Europa settentrionale, un paragone che è valso all’Argimusco il titolo di “Stonehenge siciliana”.
In realtà i massi dell’Argimusco non sono assolutamente strutture megalitiche, ovvero rocce lavorate dalla mano dell’uomo, ma sono il semplice risultato dell’azione millenaria di pioggia, ghiaccio e vento. E allora perché questi luoghi continuano ad affascinare gli studiosi?
Una risposta arriva direttamente dal professore Andrea Orlando, ricercatore in astrofisica nucleare dell’INAF di Catania, appassionato di archeoastronomia e unico autore del primo studio sull’Argimusco pubblicato sulla rivista scientifica "The Light, The Stone and The Sacred".
«È accertato che il pianoro abacenino sia stato abitato dai tempi preistorici come testimoniano ritrovamenti di varie epoche - fa sapere Orlando - tuttavia prima di questo studio non era ancora chiaro quale fosse la relazione tra i popoli che vi abitavano e le rocce del pianoro».
I sei anni di ricerche del professore Orlando hanno portato a delle conclusioni estremamente interessanti, che coinvolgono anche alcune località limitrofe come la Rocca di Novara: un’aguzza montagna dei Peloritani che si staglia subito a est dell’Argimusco. In alcuni settori del pianoro, e precisamente in corrispondenza del monolite “Rupe dell’Acqua” e de “il Grande Sedile o la Torre”, il sole sorge agli equinozi esattamente in corrispondenza della Rocca.
Un’indicazione molto utile per le antiche popolazioni, che dovevano servirsi di questa naturale corrispondenza per pratiche agricole e religiose.
«Esattamente quello che in altre località veniva realizzato apponendo manufatti di roccia o totem in corrispondenza del sorgere del sole, all’Argimusco sarebbe avvenuto in modo naturale - continua a spiegare - Il pianoro e la Rocca di Novara all’orizzonte sarebbero dunque un grande calendario astronomico naturale a cielo aperto».
Un’ipotesi che potrebbe essere confermata dalla presenza di alcuni pseudo-dolmen nella zona da cui si osserva la migliore corrispondenza tra l'alba degli equinozi e Rocca.
«Bisognerebbe interessare la Soprintendenza per iniziare a programmare delle campagne di scavo - conclude Andrea Orlando - ma prima bisogna superare lo scoglio della proprietà dei terreni».
L’area dell’Argimusco infatti è divisa in lotti privati, motivo che ha portato di recente anche alla cancellazione di un rinomato festival estivo di archeoastronomia.
Oltre le polemiche, l’Argimusco è una valida destinazione alternativa alle più blasonate località turistiche del circondario. I monoliti vi aspettano con i loro misteri, in attesa del prossimo equinozio.
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