MISTERI E LEGGENDE
"Urla demoniache e inquietanti apparizioni": la Valle dei Templi di Agrigento e i suoi misteri
Da millenni nessuno si avventura di notte presso l'ingresso tra le mura dell'antica città dove si narra sia avvenuta la strage dei cartaginesi. La Valle dei Templi di Agrigento e i suoi misteri
La Valle dei Templi di Agrigento vista dall'alto (foto dal sito Parco Valle dei Templi)
Racconta lo storico Polibio che il comandante cartaginese Amilcare, dopo essere sfuggito ad un attentato, durante l'assedio di Akragas, ordinò per rappresaglia di demolire tutti i sepolcri agrigentini che si trovavano fuori le mura.
Ma mentre i soldati cartaginesi stavano iniziandone la distruzione, spiriti malvagi, con sembianze mostruose, uscirono dalle tombe infestando della loro presenza il campo cartaginese. Il terrore si diffuse tra l'esercito e seguì la pestilenza. Il comandante cartaginese annullò l'ordine di distruggere le tombe e fece abbandonare il campo precipitosamente.
Altre presenze oscure, secondo antiche leggende, vengono ricordate dagli antichi storici, sulle pendici orientali della Rupe Atenea, la rocca dell’antica Akragas, inaccessibile sede dei tiranni akragantini e del loro corpo di guardia.
Al di fuori della cinta muraria, presso un'altra porta, denominata oggi Porta prima, dove si trova il più antico santuario agrigentino, strazianti urla squarciano l'aria come lame.
In particolare i romani, dopo la conquista di Akragas rimasero atterriti per aver sentito diffondersi dalle grotte naturali del santuario rupestre, terrificanti grida di donne, insieme ad ogni sorta di spaventosi ed infernali rumori. Da cosa sia provocato questo tumulto infernale, nessuno lo sa. È il vento che quando soffia lassù è forte a provocare simili, inquietanti, effetti sonori ? O qualche strana presenza domina in quella Rupe e non gradisce che incauti visitatori giungano fin qui ? Gli agrigentini da secoli se lo chiedono ed evitano intanto questi antri.
Troviamo poi nella storia nell'antica Akragas personaggi di rara crudeltà.
Il tiranno Falaride, secondo il filosofo Aristotele, aveva l’innaturale desiderio di mangiare bambini allattati al seno della madre e avrebbe mangiato anche il proprio figlio. Sarà vero ? Più certo è che fece costruire un toro di bronzo do bronzo dall’artista Perilao per ardervi i propri nemici. Il toro era cavo all’interno e veniva riscaldato, mentre dentro erano rinchiuse le vittime, in genere nemici di Falaride. Per le grandi sofferenze, i disgraziati reclusi dentro il ventre cavo del toro, si lamentavano con grida strazianti. Dalla bocca della mostruosa macchina usciva un suono somigliante a quello del toro quando muggisce. Quando fu finito e il tiranno decise di sperimentarlo, scelse come prima vittima di questo strumento di tortura lo stesso Perilao.
Una antica leggenda vuole, inoltre, che il tiranno Falaride sia riuscito a nascondere, forse proprio nel cosiddetto Oratorio di Falaride, le immense ricchezze accumulate durante il suo regno. Alcuni arditi agrigentini che nei secoli scorsi hanno tentato di trovare il tesoro del re ma sono tutti scomparsi nel nulla, ci dice sempre la leggenda.
Nella Valle dei Templi la natura continua a celare molti suoi misteri.
Cosa accadeva davvero nel laghetto presso il tempio di Vulcano ?
Ha scritto il geografo Solino: “Nel lago agrigentino, non lontano dal colle di Vulcano, galleggia olio, coloro che svolgono cerimonie religiose dispongono sugli altari i legni della vita , neppure il fuoco si oppone a questo composto”.
Durante i culti a Vulcano, dio del fuoco, ad Agrigento, che si tenevano, infatti, nel tempio dedicato allo stesso nume, i sacerdoti operavano magici riti: venivano posti sull’ara dei sarmenti, che, quantunque verdi, ardevano vivacemente e se la fiamma toccava i sacrificatori senza bruciarli, era segno che gli dei avevano gradito le offerte. Era durante gli stessi riti sul lago, a causa di una sostanza oleosa, che si presentava con polle di petrolio, avveniva l'accensione improvvisa di fuochi e con quelli venivano bruciati i sarmenti.
Più di un viaggiatore nei secoli successivi descrive questo laghetto, da tempo misteriosamente scomparso. Non pochi hanno voluto vedere nella sostanza oleosa lagunare, bitume o petrolio. E forse per questo che nell’autunno del 1947 geologi delle società americana Texas Company sono arrivati nella Valle dei Templi per ricerche petrolifere ?
In tempi molto più recenti (nel 2015) i migliori studiosi internazionali di archeoastronomia sono arrivati ad Agrigento per confrontarsi sull’allineamento dei templi agrigentini, che, come è stato appurato, infatti, sono stati costruiti dai greci tenendo in considerazione i fenomeni celesti.
Il Tempio della Concordia è uno dei tre templi equinoziali dell'antica Akragas (gli altri due sono il tempio di Ercole e di Vulcano). Sono equinoziali i templi orientati verso il punto dell'orizzonte in cui il Sole sorge agli equinozi.
Dall'interno del tempio della Concordia si è osservato il sorgere del Sole in allineamento con l'asse del tempio. Ciò conferma una grande conoscenza dell’astronomia da parte dei greci e in particolare dell’ astronomia dell’orizzonte.
Il tempio agrigentino di Persefone e Demetra venne invece costruito rivolto al tramonto della Luna piena più vicina al solstizio d'inverno. Quindi, mentre gli altri templi greci guardano il sorgere del sole, questo tempio ha un particolare allineamento con la Luna (che si ripresenta ciclicamente ogni 18 anni e sarà visibile anche nel 2023). Ciò potrebbe essere dovuto ai riti religiosi che vi celebravano, che comprendevano una processione notturna durante la quale si assisteva al tramonto della luna piena sulla collina dell'acropoli.
Ma non solo guardando al sole e alla luna si costruirono i templi agrigentini.
E’ a dir poco miracoloso anche il fatto che il Tempio della Concordia ad Agrigento sia stato realizzato seguendo il sistema della sezione aurea: la sua lunghezza è rigorosamente uguale a quattro volte il lato del decagono regolare inscritto in un circolo, il cui raggio è uguale alla larghezza della facciata.
Un miracolo della geometria che nell’antichità troviamo in Italia solo nel tempio della Concordia e nel Tempio di Nettuno (V sec. a.C.) a Paestum.
Mario Livio, uno dei più importanti ricercatori moderni ad aver studiato questo argomento, ha detto : "Credo altamente improbabile che babilonesi ed egizi conoscessero il rapporto aureo e le sue proprietà; l'onore di questa scoperta va lasciato ai matematici greci".
Per comprendere quanto sia straordinario ciò, consideriamo che costruttori greci non prendevano misure durante l’edificazione delle loro opere, ma procedevano attraverso costruzioni geometriche modulari.
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