ITINERARI E LUOGHI

HomeNewsCulturaItinerari e luoghi

Un sito archeologico che pochi conoscono: qui si insediarono i primi cristiani della Sicilia

Un luogo che merita di entrare nei circuiti archeologici della Sicilia Occidentale. Vi portiamo a San Miceli, dove nel 1893 avvenne un importante scoperta

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 8 agosto 2023

Basilica paleocristiana dell'area archeologica di San Miceli (Salemi)

Il territorio di Salemi è tra i più ricchi in ambito archeologico. Dopo i siti di Monte Polizo e Mokarta, un terzo insediamento si trova a pochi chilometri dal centro cittadino: San Miceli.

Una distanza irrisoria, scandita da una passeggiata all’interno di una conca ai piedi di una dolce collina. Improvvisamente il visitatore è catapultato dentro un ambiente dalle caratteristiche notevoli.

L’area sviluppa diverse tematiche che nel tempo, grazie agli scavi effettuati, ha portato alla luce importanti testimonianze. Le prime attestazioni furono casuali, grazie ad alcuni rinvenimenti trovati da parte dell’archeologo Antonino Salinas nel 1893.

Quest’ultimo, su segnalazione di due appassionati storici salemitani (Giovanni Baviera e Antonino Lo Presti), iniziò una sessione di scavi. Fu scoperto un piccolo edificio basilicale (dedicato all’arcangelo San Michele) a pianta monoabsidata (dim. di circa 14,50*14,75 m.).

All’interno (successivamente) sono stati individuati tre livelli pavimentali a decorazione musiva. Gli studi hanno evidenziato che si tratta di un’opera datata tra il IV e il VI sec. d.C. (periodo Paleocristiano).
Adv
Il riferimento storico è collegato all’Editto di Milano, quando i due imperatori (Costantino e Licinio) posero fine a una sanguinosa stagione di persecuzione e concessero la libertà di culto ai cristiani. Da quel momento le comunità sentirono l’esigenza di trovare i luoghi adatti per professare - in collettività - la fede religiosa.

Seppur di modeste dimensioni, la basilica ha una forma rettangolare larga e poco lunga. Sono presenti due file di cinque colonne, un’aula divisa originariamente in tre navate e una piccola abside centrale posta ad occidente e di fronte all’ingresso principale situato ad oriente.

Le mura sono in opus incertum (tecnica edilizia romana) con un nartece (o protiro). La copertura era con tetto di legno a spioventi e ricoperta da tegole. Infatti, durante le ricerche sono stati trovati nel manto terroso i resti bruciati di travi, coppi e carboni.

Si presume che la distruzione della basilica sia avvenuta in seguito a un incendio.

I tre livelli di pavimentazione sono stati conservati e contraddistinti dalle lettere A,B e C. Il primo potrebbe (ipotesi) essere datato al VI secolo per le iscrizioni (quasi interamente) in latino. Nella navata principale è presente un’iscrizione in cui si legge: “MPORIBUS… NTIFICIS PATRIS EPISC… OMINUS DO… NORIS F.. IOLI ...CE”.

Il secondo pavimento (iscrizioni in greco) si riferisce al V secolo. Una metà (occidentale) è caratterizzata da uno schema geometrico formato da ottagoni e quadrati che includono motivi floreali.

La parte orientale è formata da quadrilateri irregolari e losanghe. Sono menzionati alcuni benefattori della chiesa con dediche particolari. L’ultimo pavimento è quello più antico e risale all’inizio del IV secolo.

I resti sono molto scarsi perché coperti da quello B. E’ stato trovato un frammento musivo dove è possibile individuare i colori predominanti (rosso e bianco). Le tessere sono grossolane e disconnesse. L’analisi cronologica dei manufatti evidenzia che la rovina del sito sia avvenuta intorno al 550 durante le incursioni barbariche guidate da Totila.

I mosaici furono restaurati nel 1966 dalla Soprintendenza alle Antichità di Palermo e custoditi in una moderna costruzione.

Oltre alla basilica, sono state trovate molte tombe di fedeli cristiani (in tutto 58) con rivestimento di pietrame a secco e coperto da rozze lastre di tufo. All’interno era presente il corredo formato da: fibbie, oro, anelli e piastre.

Grazie alla convenzione stipulata tra l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana di Palermo e la Andrews University, è stato possibile continuare le ricerche a San Miceli. Sono state aggiornate le planimetrie, le fasi cronologiche e queste, hanno ridisegnato l’intera zona.

Si presume che fosse frequentato già a partire dal periodo ellenistico (III-II sec. a.C.). Durante la fase imperiale si sviluppò un complesso rurale (modesto) che, successivamente, assunse i connotati di vicus. I testi scritti e informativi dell’archeologo Biagio Pace testimoniano di un forte consolidamento della Basilica Paleocristiana nel tempo.

Rappresenta il primo insediamento cristiano in terra sicula e un luogo che merita di entrare nei circuiti archeologici della Sicilia Occidentale.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI