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Sorgeva "al posto" di una famosa villa di Palermo: la vera storia del Casino Pignatelli

Vi portiamo nel secolo in cui germoglierà l'idea della bonifica di Mondello che avvia lo sviluppo artistico, architettonico e successivamente turistico che conosciamo

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 24 gennaio 2024

Palermo, veduta della Delizia Paviglione e rocca dell'Acqua Santa ai piedi del Monte Pellegrino

Dopo il prolungamento della via Maqueda nel 1778 (oggi via Ruggero Settimo) ad opera di Antonio Rudinì marchese di Regalmici, che diede inizio all'espansione della città di Palermo verso nord, sarà la costruzione della via della Libertà (1848) con il conseguente giardino “all'inglese” a stuzzicare l'interesse della nobiltà palermitana nei confronti della campagna a nord della città.

Per la verità già ad esempio tra la fine del XVIII secolo e i primi anni dell'Ottocento sorgeranno alle falde di Monte Pellegrino diversi "casini" e ville di un certo gusto architettonico e artistico.

È il caso ad esempio di Villa Belmonte all'Acquasanta, ma ancora prima di questa si registrano nella stessa borgata marinara la villa di Giovanni Ventimiglia marchese di Geraci e la villa del barone Lanterna site in piazza Acquasanta.

L'Ottocento è il secolo del Romanticismo e l'uomo ha un nuovo rapporto con la natura.
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Gli amanti della villeggiatura, che in passato si soleva fare nelle campagne interne della città, cominciano adesso ad apprezzare anche la vicinanza al mare, giocoforza la nascente usanza della ricca borghesia di costruire edifici residenziali all'interno delle tonnare.

È il caso dei Florio nella tonnara dell'Arenella e dei Chiaramonte Bordonaro nella tonnara di Vergine Maria.

Alcuni nobili, però, anticipano in questa nuova moda i borghesi, vedi appunto Giuseppe Emanuele Ventimiglia principe di Belmonte che costruisce la sua villa proprio sul Monte Pellegrino dalla quale è possibile ancora oggi ammirare da un lato la città e dall'altro l'azzurro sconfinato del mare.

L'ambiente bucolico che circondava tale villa è descritto bene da Gaspare Palermo nella sua Guida istruttiva (1816): «Varie sono le case di campagna e le ville di questa contrada ma signoreggia tra tutte quella del Principe di Belmonte XXmiglia. Si alza essa magnifica sopra eminente poggetto alle falde del Monte Pellegrino, avendo sottoposto il mare [...].

La circondano boschetti, vigneti, oliveti, fruttiere e deliziosi giardini sul gusto inglese, con amene fontane e ombrosi viali, ed il tutto in un luogo alpestre e pietroso, avendo l'arte dovuto vincere gli ostacoli della natura».

La natura rintracciabile nella borgata dell'Acquasanta nell'Ottocento rappresenta un compromesso perfetto tra la tradizionale villeggiatura in campagna e il “nuovo” interesse per il mare.

Ricordiamoci che è questo il secolo in cui germoglierà l'idea della bonifica di Mondello (1865) che avvierà lo sviluppo artistico, architettonico e successivamente turistico che conosciamo.

Se al principe di Belmonte vengono concesse in enfiteusi «le terre con "Casena" di proprietà di Antonio Grassi e Giuseppe Colapai», un altro nobile segue le orme del primo, si tratta del principe Ettore Pignatelli d'Aragona, il quale acquista nel 1827 un terreno limitrofo a quello del principe di Belmonte, ma più scosceso e vicino al mare, appartenente alla nobile famiglia dei Branciforti come si può dedurre dalla Carta topografica del Real sito de' Colli al nord della città di Palermo (1817).

Su questo appezzamento di terreno, Ettore Pignatelli commissiona all'architetto Domenico Cavallari Spatafora la costruzione della sua nuova "Casina" all'Acquasanta (1827-29) .

Il Cavallari, seguendo la moda del revival architettonico ottocentesco, costruisce un vero e proprio chalet neogotico come si vede bene in alcune stampe d'epoca del 1837 e in altre dal titolo "Palermo, veduta della Delizia Paviglione e rocca dell'Acqua Santa ai piedi del Monte Pellegrino" realizzate dallo stesso principe Ettore Pignatelli Aragona e incise dal francese Jean Joseph Auguste de Tomagnon nel 1845.

Il prospetto principale dello chalet, orientato verso sud-est, con faccia rivolta al mare, si presentava come un unico corpo a base quadrata e tetto spiovente con guglie ai vertici.

In basso una piccola gradinata permetteva di accedere al pronao, in cima al quale si adagiava una terrazza delimitata da una ringhiera decorata in ferro battuto.

Le aperture presenti in ogni lato dell'edificio raggiungevano il loro apice nella facciata principale a ridosso della terrazza: tre finestre ad arco ogivale separate da lesene e statuette di marmo. Al di sopra della finestra centrale era collocato in alto un lavorato rosone quasi come fosse lo stemma della casata.

«La villa sarebbe poi stata acquistata ed ampliata in stile da sir James Domeville, barone di S. Albans, intorno al 1870» il quale, infine, la venderà a Ignazio Florio Jr. che a sua volta, a partire dal 1899 e grazie all'architetto Ernesto Basile, darà avvio alla costruzione di Villa Igiea.

Pochi anni dopo si dovette abbattere l'antica Casina del principe Ettore Pignatelli, sostituita dal Circolo degli stranieri, ovvero “Le Cercle des Etrangèrs” «i cui saloni da gioco e da ballo ne fecero presto una meta insostituibile del turismo internazionale e il simbolo della belle époque palermitana», ma questa è un'altra storia.

(Per approfondimenti confronta Sulle orme dei Florio di Gaetano Corselli d'Ondes e Paola D'Amore Lo Bue; Revival e società a Palermo nell'Ottocento di Pierfrancesco Palazzotto; Acquasanta, Palermo e il mare di Giovanni Purpura; Repertorio iconografico dei luoghi e degli eventi di Palermo raffigurati nelle stampa dal XV al XIX secolo di Cesare Barbera Azzarello e Francesca Ferrara; I Florio, storia di una dinastia imprenditoriale di Orazio Cancila)
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