CRONACA
Rischiava di andare persa ma ora risplende: la chiesa "ritrovata" nel cuore della Sicilia
Una storia tanto antica quanto irrisolta. Dopo anni di degrado e abbandono, gli stucchi dorati e il prezioso crocifisso bizantino sono tornati agli antichi splendori
La Chiesa della Caterva (o Cateva) a Pietraperzia
La Chiesa della Caterva, nota anche come Chiesa della Cateva, è (oggi) ciò che resta di quell’antica chiesa trecentesca. La sua storia prosegue nel 1539 con la realizzazione, a Pietraperzia, di una chiesa dedicata a S. Maria Assunta in Cielo che il marchese Matteo Barrese volle nello stesso sito in cui si dice sorgesse una chiesa risalente al periodo normanno della storia del paese.
Di questa chiesa, la Caterva ne costituiva il presbiterio ma, nel 1792, con il suo abbattimento e la costruzione dell’attuale Chiesa Madre secondo il progetto dell’architetto Trombino, se ne perse ogni traccia.
Dopo anni di degrado, quella Chiesa della Caterva che si affianca, sul lato ovest, alla Chiesa Matrice, oggi risplende ed è meta di preghiera e raccoglimento per cittadini e turisti.
I lavori sono stati seguiti dall’architetto Loredana Daniele e hanno riguardato gli interni della struttura. L’importo è stato di 100 mila euro e si tratta di fondi della Fondazione Banco di Sicilia.
Intanto, è stato ripristinato il vano di passaggio, senza però permettere l’accesso dall’esterno, e ciò è stato fatto collocando un infisso con vetro opaco e blindato, al fine di poter rendere possibile una lettura storica degli interni e, contestualmente, permetterne una migliore illuminazione.
In passato, proprio di fronte a questo ingresso, sorgeva un altare in muratura realizzato al fine di costituire un punto di preghiera che, però, ha determinato la forte diminuzione dello spazio per il passaggio.
Sono state, poi, rimosse le pareti che occludevano il passaggio permettendo così di rendere fruibile lo spazio della cripta che, fino a qualche tempo fa, era utilizzato come box auto, ignorando il fatto che tale spazio celasse al suo interno delle nicchie che erano dei veri e propri colatoi a servizio della cripta.
In passato, la cripta veniva chiamata delle “Anime Sante” e si venera, ancora oggi, un crocifisso bizantino, che venne rubato, negli anni ’90 e (per fortuna) ritrovato poco dopo dal parroco Don Salvatore Viola.
L’ambiente centrale è caratterizzato, invece, da tre volte a botte: in quella centrale ci sono putti, ghirlande di fiori e frutta e, al centro emerge la figura di una donna in stato di gravidanza.
La Chiesa presenta un ricco apparato decorativo costituito da stucchi che ornano fittamente le volte che sormontano gli ambienti interni. La presenza, in tempi non recenti, di sistemi di illuminamento ad olio, aveva comportato macchie giallo-brune molto penetrate nella malta degli stucchi, soprattutto nella volta bassa. Adesso, gli stucchi sono tornati ai loro originari splendori.
La chiesa è, inoltre, pavimentata con marmette quadrangolari di cotto smaltato. Anche sul pavimento è stato effettuato un intervento di restauro.
Gli infissi, invece, non presentavano una connotazione storica rilevante e sono stati sostituiti con nuovi infissi totalmente in legno.
Particolare attenzione è stata data al nuovo impianto di illuminotecnica. Il progetto di illuminazione, infatti, cerca di cogliere gli elementi dell’iconografia e il contenuto dei messaggi che giungono dalle strutture architettoniche, dagli affreschi, dagli ornamenti e dagli oggetti di culto. Nascono, così, tanti punti focali di attenzione e di invito alla riflessione.
Sono presenti tre tipi di illuminazione, diversi per tipo di luce, per luogo di collocazione e per tipo di oggetto o ambiente da illuminare: in corrispondenza delle cornici, poste sotto gli stucchi della volta centrale, sono collocati due apparecchi (uno per parte) illuminanti a LED del tipo RGB che consentono di variare il colore dei fasci al fine di ottenere l’illuminazione che meglio evidenzia la bellezza degli stucchi.
Infine su tutti gli ambienti è stata realizzata un’illuminazione diffusa e discreta grazie a vasi di luce di colore grigio che, posti sul pavimento, generano un fascio largo grazie a due lampade fluorescenti compatte poste al suo interno.
La gestione di tale impianto, per evitare il passaggio di tanti fili, è stata concepita come un impianto domotico.
Un lieto fine insomma per la struttura che, nel 1799 venne ricostruita con l’edificio attuale e che ora è tornata a splendere.
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