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Quella strada "sventurata" in Sicilia: in un solo vicolo un omicidio e un incidente aereo

Una strada angusta dedicata a un umanista siciliano dall’effetto quasi claustrofobico, cinta da muri solcati da crepe e spruzzi di bomboletta. La storia

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 21 ottobre 2023

Via Claudio Maria Arezzo a Ortigia

Qualcuno una volta mi ha detto che i luoghi hanno memoria di passi, profumi, eventi lieti e persino spiacevoli. Nell’Isola di Ortigia a Siracusa, tra i suoi dedali, ne esiste uno sventurato che porta ben due fardelli: un omicidio e un incidente. Parliamo di Via Claudio Maria Arezzo.

Una stradina angusta - dedicata all’umanista siciliano - dall’effetto quasi claustrofobico, "protetta" da muri solcati da crepe e qualche spruzzo di bomboletta. Per capire le sue vicissitudini dobbiamo mettere in pausa il nostro presente e riavvolgere il tempo al 29 novembre del 1949.

Il cielo di Ortigia piange su quegli stessi muri senza fessure e ancora intatti, e nessuno si aspetta l’impensabile. Alcuni colpi d’arma da fuoco esplodono; nella via accorrono delle persone che si trovano davanti una scena inquietante: una ragazza in una pozza di sangue e accanto a lei un giovane in stato confusionale che si colpisce la testa con l’arma del delitto.

Lei era Giovanna Borgia, una studentessa universitaria di 21 anni, lui il suo "innamorato", uno studente di medicina di una famiglia perbene.
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Un omicidio avvenuto, secondo alcuni per una discussione e per altri, a causa della gelosia del ragazzo verso se stesso. Pare, infatti, che Giovanna, alla richiesta del ragazzo di uscire insieme, abbia risposto che era già impegnata con un bell’uomo (cioè lui).

Accecato dalla gelosia di un ipotetico rivale, il ragazzo compie l’omicidio che lo condurrà all’ergastolo prima, alla grazia nel ‘95 e la scarcerazione poi e infine alla follia per il resto dei suoi giorni. Passano tre anni e quella via, un tempo sconosciuta, diventa testimone di un altro evento doloroso.

Un aereo militare, guidato dal tenente siracusano Sebastiano Spicuglia, partito dall’aeroporto di Catania sorvola Siracusa; alcuni cittadini aretusei a la Marina e sul lungomare Aretusa osservano il velivolo che, stranamente, volteggia a bassa quota.

Qualcosa infatti non va, "il motore diventa convulso e il muso dell’aeroplano punta in maniera impressionante sullo specchio d’acqua prospiciente il molo Zanagora"* .

Uno schianto in cui il veivolo perde una parte dell’elica. Ma il disastro vero e proprio deve ancora avvenire.

L’aereo riparte, sorvola l’edificio della Camera di Commercio di Siracusa fino allo schianto sui tetti delle case fra via Claudio Maria Arezzo, Ronco Sant’Agata di via Rocco Pirro e Ronco Forte Campana. Uno secondo schianto, a detta dei testimoni, seguito da un tonfo, un rumore di ferraglia e muri crollati.

La gente riversata in strada osserva i vigili del fuoco intenti a spegnere l'incendio scaturito dalle fiamme del serbatoio dell'aereo. Insieme a loro ci sono fanti, agenti di polizia e volontari, uniti per impedire alle fiamme di inghiottire l’intero quartiere.

Nel frattempo, accorre l’ambulanza per i feriti e pure il Prefetto, il Questore e il Comandante dei Carabinieri di Siracusa. Dopo ore, l’incendio è domato e, rimosse le macerie, viene ritrovato carbonizzato il corpo di Sebastiano Spicuglia. Aveva solo 29 anni.

Il tenente, in servizio a Napoli, era stato distaccato all’aeroporto militare di Catania dove è decollato prima della strage. Lui, però, non è l’unica vittima, perché il suo destino ha incrociato quello del garzone di una segheria e di una bambina, uno morto sul colpo e l’altra spirata in ospedale.

Vittime celebrate con una lunga processione e i feretri portati a mano, primo tra tutti quello del tenente. Una vicenda, a oggi, circondata da tante domande e ipotesi.

Una cosa però è certa: lo schianto è avvenuto per un guasto meccanico ai comandi e anche al motore, non per inettitudine del pilota.

Ed eccoci di nuovo al presente.

Oggi, percorrere inconsapevoli via Claudio Maria Arezzo vuol dire addentrarsi in una delle tante vie suggestive di Ortigia; mentre, chi conosce la storia sa che quei lampioni in ferro battuto, tetti e balconi rimangono testimoni silenti di urla, malamore e destini crudeli.

*Fonte Antonio Randazzo:
https://www.antoniorandazzo.it/siracusamemoriaricordi/1952-aereo-spicuglia-sebastiano.htm
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