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Quando la guardi pensi subito all'estate: (è bianca) e in Sicilia "sopravvive" da decenni

Utilizzata quando le temperature superano i 30 gradi, basta vederla per capire che la bella stagione è arrivata. Oggi però rischia di diventare un vecchio ricordo

Salvo Caruso
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  • 26 giugno 2024

Noi siciliani abbiamo un dono speciale, riusciamo a dare un significato "particolare" a qualsiasi cosa. Basta guardare un piatto di pasta 'o furno per sentirci subito in spiaggia, sotto l’ombrellone nel caldo cocente delle ore più torride, in attesa delle famose tre ore di digestione prima di rituffarci in mare. Guai a non rispettarle perché erano lignate assicurate.

Alcuni colori per noi hanno un significato preciso. Sfido qualsiasi palermitano a non associare il giallo alla propria città. Palermo è gialla, dalle prime luci dell'alba, quando la luce si riflette sugli edifici con le persiane ancora chiuse, fino a tarda notte, quando le calde luci dei lampioni si fondono con il buio delle strade.

Poi ci sono gli odori, che ci riportano a ricordi spesso felici. Potrà sembrare strano, ma per noi la domenica a casa della nonna sa di silenzio e milinciane fritte, un odore che in pochi al mondo possono capire se non lo associano a questo ricordo.
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Questi esempi ci riportano sempre all’estate. Ma c’è un oggetto in particolare che per me racchiude tutto questo: un simbolo, un’icona della nostra cultura siciliana dagli anni '60 a oggi. Sto parlando della sedia di plastica, che non serve specificare quale, per noi è solo una, bianca e adatta a mille contesti.

Utilizzata principalmente quando le temperature iniziano a superare i 30 gradi, basta vederla davanti a qualche casa per capire che l’estate è arrivata.

Due sedie per l'esattezza, una per accogliere l'amico o l'amica o il vicino o la vicina, per poi trascorrere un pomeriggio di curtigghio ammirando il passio della zona, mentre la TV è messa massimo volume anche se non c’è nulla di interessante, ma almeno "tiene compagnia".

Un vero must dell’arredamento, soprattutto nei piccoli bar di paese, che iniziavano a popolarsi dopo la classica pennichella pomeridiana. Dopo aver preso il sole nelle ore più torride, con i segni di sgretolamento del caldo ben visibili, queste sedie erano pronte a sostenere intere partite di briscola, scopone o burraco.

Utilissima anche per il mare, nonostante io stesso ne ritenga la scomodità nel trasportarla. Non era raro trovarla in spiaggia, accanto a quello che sembrava un mini accampamento con tavolo, radio e mini barbecue, pronto a sfamare un intero nucleo familiari composto da diverse generazioni.

Ma l’habitat naturale della sedia di plastica è la villeggiatura in campagna, dove tutt’oggi sopravvive con orgoglio. Che sia un giorno di arrustuta o di relax totale, la ritieni da subito come la tua isola felice. Dove ti siedi la mattina e la lasci a notte fonda, sotto un cielo stellato, dopo aver messo una giacchetta per il calo delle temperature, mentre ti ritrovi seduto in cerchio a fare discorsi filosofici che il giorno dopo avrai già dimenticati.

E se a Natale non c’è più posto a tavola? Tranquilli, la nostra sedia di plastica resiste anche al freddo.

Queste immagini oggi sono rare e sopravvivono in certe zone e circostanze. Ma è bello ricordarle perché fanno parte della nostra storia, vissuta da tutti, e che oggi condiviamo con un po’ di malinconia in più.
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