STORIE
Nato in un ospedale militare britannico di Singapore oggi vive a Catania: Steve e il "suo" teatro
Uno spazio che era un ex deposito, tanta passione e voglia di comunicare. Da 25 anni Steve Cable sperimenta una sua metodologia e ha scelto di farlo a Catania, "imperfetta come lui"
Steve Cable
Tre percorsi decisamente legati a quello che è stato e che è il suo percorso e ve lo vogliamo raccontare. «Provengo dal Sud dell’Inghilterra - dice Steve -, ho vissuto qualche anno a Bristol e poi dieci anni vicino Birmingham, ma sono nato a Singapore da genitori inglesi che erano lì per lavoro, nell’ospedale militare britannico di Changi».
Nel 1993 arriva la laurea in Cinema e Letteratura all’Università di Canterbury, «dopo la laurea, ho cercato una forma artistica più pragmatica e mi sono avvicinato al teatro - continua il regista -, del quale ho un'idea artistica punk e vengo ispirato anche da quel tipo di musica. Quando giunsi in Sicilia, visitai prima Palermo, maestosa, però c’era poca vitalità. Poi andai a Catania, più piccolina, ma lì vi trovai una vita più artistica, più viva. Erano gli anni ’90, la città stava vivendo un periodo di rinascita artistica e culturale.
A proposito del restare in Sicilia, abbiamo chiesto a Cable se sia rimasto nell’Isola per amore e lui ci ha risposto che in realtà aveva già deciso di voler restare a vivere in Sicilia ancor prima di incontrare Antonella, la sua compagna di vita, «ma devo ringraziare lei per aver contribuito all’evolversi del mio lavoro. Antonella Caldarella - spiega -, è anche la mia compagna artistica e grazie a lei è nata l’attività teatrale e l’associazione La Casa di Creta. Il teatro per noi è un lavoro a 360 gradi».
Il teatro è un'arte che permette di comunicare, di ripetere sul palco le azioni della vita, di affrontare le difficoltà andando in scena, ci viene spontaneo chiedere a Cable che cosa ha imparato in questi anni di lavoro artistico, «Adesso che ho superato i 50 anni sto cercando di fare una selezione delle attività che svolgo, perché credo che sia importante andare a vivere in un luogo e incidere in modo positivo, lasciare un segno nel terreno sociale e culturale, anche come forma di gratitudine.
Io da 25 anni sperimento una mia metodologia. Coinvolgiamo le persone nel fare un’esperienza relazionale e umana attraverso la recitazione. Il teatro, cambia la vita delle persone in positivo, le coinvolge psicologicamente e sentimentalmente.
Lavoriamo soprattutto con i ragazzi e in questo periodo, questa forma d’arte può essere molto utile per loro, per far nascere una capacità critica e di scelta. Occorre mettersi in ascolto dei giovani, per permettere loro di crescere. Secondo me, gli spettacoli non devono essere noiosi, devono possedere idee ed energia.
In più ci deve essere un coinvolgimento, come avviene durante i concerti rock, in modo che si crei uno scambio energetico che coinvolga il pubblico. Il teatro non è intrattenimento, come la TV, che crea dipendenza. Io amo molto creare, scrivere, comporre le colonne sonore, fare il regista, lavoro in modo artigianale e a volte mi occupo anche delle luci. In più preparo le tournée, lavoro anche all’aspetto burocratico, perché non si può fare solo l’attore e aspettare la chiamata per lavorare in scena, ma occorre imparare molto in diversi campi per andare avanti».
Lo spazio creativo dell'associazione si chiama Roots e non è solo un semplice teatro, ma un luogo laboratoriale e di formazione teatrale per chi vuole vivere di teatro: «Nasce nel 2014 - racconta ancora Cable -, quando c’era la crisi economica. Abbiamo utilizzato, richiedendo contributi regionali, uno spazio che era un ex deposito e lo abbiamo trasformato in un luogo di cultura e d’incontro. La rassegna che stiamo portando in scena, “Rigenerazioni”, coinvolge non solo la nostra compagnia teatrale, ma ne ospita anche altre provenienti da varie parti dell’Italia.
Si tratta di compagnie indipendenti, che cercano scritture e forme nuove per il teatro. Il nostro pubblico è tendenzialmente giovane, perché da anni lavoriamo coi bambini, i ragazzi e le scuole. Occorre trovare delle forme stimolanti per avvicinare i giovani al teatro e abbiamo scelto il nome di “Rigenerazioni”, perché tutti abbiamo bisogno di rigenerarci».
E proprio della nuova idea di teatro che propone la compagnia di Cable, ne è esempio l’opera teatrale "La Maledizione del Sud" di e con Pierpaolo Bonaccurso e Fabio Tropea, andata in scena a Catania sabato 10 aprile presso lo spazio artistico teatrale Roots. L’opera fa parte della rassegna di teatro contemporaneo ideata dai due artisti.
Eravamo presenti allo spettacolo e abbiamo subito notato che il pubblico è rimasto molto coinvolto. Appena si sono spente le luci, gli spettatori hanno compiuto un tuffo fra le acque del Mediterraneo, insieme alla figura leggendaria di Colapesce. La narrazione è stata accompagnata dal vivo con strumenti come Marimba, Didgeridoo, tamburi e bicchieri, il ritmo assecondava le emozioni e, come ad imitare le onde del mare, a volte era incalzante e coinvolgente e altre dolce e carezzevole.
Il teatro è scambio di idee , è crescita e al Roots si può poi interagire dopo lo spettacolo con gli attori e si creano nuove amicizie fra il pubblico. Per gli abbonati, la domenica mattina, c’è un laboratorio artistico con gli attori che hanno recitato la sera precedente. «È come essere ad una festa in famiglia - sèiega ancora Steve -, c’è la possibilità di capire che gli attori sono persone come noi, anche se qualche ora prima hanno recitato sul palco. È un modo per conoscerci. Roots lavora come uno spazio europeo, o un teatro milanese o torinese. Non ci sono teatri di questo tipo a Catania. Noi sperimentiamo e puntiamo molto su corsi e laboratori.
Ricordiamo che la Sicilia è un luogo importante e fertile per il teatro, infatti, qui sono ancora vive le tragedie del teatro greco e qui c’è stata la nascita del teatro moderno, con Pirandello».
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