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Teatro Libero, nella notte risuona la tragedia

La vita degli uomini viene modificata dall’accadere di fatti che inducono a reazioni, posizioni, sentimenti, scelte spesso irreversibili

  • 2 novembre 2004

E’ una produzione tutta palermitana il prossimo spettacolo della stagione del teatro Libero di Palermo (piazza Marina 38): “La notte … canta” di Jon Fosse (traduzione di Graziella Perin, diretto da Beno Mazzone, con Gabriele Calindri, Andrea Failla, Massimiliamo Lotti, Gabriella Pochini, Elisabetta Ratti, scena e disegno luci Paco Azorin, musiche Ruggiero Mascellino, costumi Giovanna Puccio, luci Gianfranco Mancuso), andrà in scena dal 3 all’8 novembre (in scena tutte le mattine alle ore 10, tranne domenica 7 alle 21.15). Il canto al quale il titolo fa riferimento, è un canto muto, un’assenza di risposta all’insolubile questione della sofferenza e del male, una tragedia che risuona nella notte. Al centro della pièce un nucleo familiare perfetto all’apparenza, una giovane donna, un giovane uomo e un bambino ma…. qualcosa accade. «Sempre accade qualcosa – dice la protagonista - …non voglio che accada nulla e poi accade qualcosa comunque; cos’è che fa accadere tutto? Sono io, qualcun altro».

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La vita degli uomini viene modificata dall’accadere di fatti che inducono a reazioni, posizioni, sentimenti, scelte spesso irreversibili. Il racconto, attraverso un quotidiano che scorre banalmente, ma la cui forma è musicale (e per l’autore l’atto di scrivere è più musicale che intellettuale), fa riflettere sulla fragilità soprattutto delle giovani generazioni, sulla contrapposizione fra energie vitali e stati depressivi, successo e insuccesso, vita e morte. La scrittura di Fosse, norvegese, considerato, a partire dalla metà degli anni ’90, uno dei più grandi autori contemporanei, con l’amputazione del senso e dello stile reinventa la drammaturgia, praticando una sorta di chirurgia radicale del linguaggio che, attraverso una parola esangue, lavorata come la pietra, porta il dialogo allo stato puro, frammentato, con frasi ripetute e rimodellate, da cui ben traspare la sua concezione musicale dello scrivere. Anche il gesto, come la parola, è raro, essenziale e anodino. Jon Fosse costruisce un linguaggio che non è, in primo luogo, creato per il significato ma che è, che è esso stesso, un po’, come dice lui stesso, come le pietre e gli alberi, le divinità e gli uomini, e ha un significato, ma solo in un secondo momento.

«Scrivo dei testi chiusi – dice Fosse - senza volerli rendere enigmatici (…). Se fanno riferimento a un contesto sociale o politico, non è stata la mia intenzione, ma non mi oppongo neanche. Le immagini del vuoto che concepisco possono dire qualche cosa sulla nostra società, ma lo fanno in maniera implicita. In questo senso, la mia scrittura è un commento critico, politico, se si vuole». Tra i molti premi Fosse ha ricevuto il Premio Ibsen, nel 1996 ed il riconoscimento di miglior autore straniero dell’anno dalla rivista tedesca “Theater Heute”, nel 2002. Beno Mazzone, regista dello spettacolo, nel continuare ad esplorare la drammaturgia contemporanea, conferma la qualità delle sue scelte motivate soprattutto dal piacere e dalla necessità di scoprire, e far scoprire al pubblico, storie e linguaggi che permettono di riflettere sui problemi degli uomini. Per il regista tutti possiamo essere protagonisti o spettatori della nostra esistenza: le parole, i gesti, i comportamenti diventano l’involucro necessario di un farsi e disfarsi… scenico. Informazioni e prenotazioni al numero 091.6174040.

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