CINEMA E TV
Plastilina e umorismo inglese: al cinema arrivano Wallace & Gromit
Wallace & Gromit: La maledizione del coniglio mannaro (Wallace & Gromit in The Curse of the Were-Rabbit)
Gran Bretagna, 2005
di Steve Box e Nick Park
Se già conoscete Wallace & Gromit questa recensione è perfettamente inutile: sapete già di cosa è capace la coppia in plastilina più divertente dei cartoni animati e probabilmente in questo momento vi sarete già barricati al cinema. Se invece non avete ancora visto nessun corto che ha per protagonisti l’intraprendente cagnolino Wallace, dotato di un’intelligenza umana, e il suo padrone Gromit, inventore svagato e formaggivoro, sarebbe ora di rimediare subito. La serie creata dalla storica casa londinese Aardman, vincitrice di ben tre Oscar (due proprio per Wallace & Gromit), ha il raro pregio di accontentare proprio tutti, grandi e piccini, perché è leggera e gradevole senza rinunciare a intelligenza e raffinatezza. Questa è poi un’occasione speciale, perché segna il debutto di Wallace & Gromit nel mondo del lungometraggio (ma Nick Park aveva già esordito sul grande schermo con il pluriosannato “Galline in fuga”). Il passaggio a una così lunga durata ha comportato naturalmente sforzi notevoli e un forte incremento dei costi e dei tempi di realizzazione (dal momento che gli animatori in un giorno di lavoro riescono a produrre solo tre secondi di girato, ci sono voluti ben cinque anni per completare il film). Ne è valsa senz’altro la pena, perché lo spirito della serie è rimasto inalterato e così il ritmo e la verve che hanno sempre contraddistinto i corti, e che qui si mantengono costanti per tutti i novanta minuti. In questa nuova avventura i nostri eroi devono vedersela con un orribile mostro dai denti aguzzi: no, non si tratta di un vampiro, bensì di un coniglio.
Uno dei personaggi più divertenti, ad esempio, il sacerdote del villaggio che tenta di difendersi dall’aggressione del malvagio Coniglio mannaro incrociando due carote a mo’ di croce, è ricalcato sulla figura del predicatore invasato cui nessuno dà ascolto, uno dei topos di questo tipo di produzioni. Si tratta soprattutto di un omaggio commosso e divertito ai cult della britannica “Hammer Film” che, tra gli anni sessanta e settanta, realizzò uno svariato numero di remake dei classici Universal degli anni trenta (con Christopher Lee nella parte di Dracula e Peter Cushing in quella di Frankenstein). Basti pensare che il perfido antagonista di Gromit, spasimante per convenienza di Lady Tottington, si chiama Victor Quartermaine: un riferimento neanche troppo velato al celebre dottor Quatermass, vecchio personaggio di punta della Hammer. Ma le citazioni non si fermano al cinema dell’orrore: spaziano quasi impercettibilmente da un titolo a un altro, regalando perle come quella del coniglio gigante che afferra Lady Tottington e si arrampica su per un palazzo, emulo di King Kong. Tecnicamente siamo di fronte a un piccolo prodigio: perizia certosina nella definizione dei dettagli, incredibile precisione delle animazioni e fondali curatissimi. Cosa altro si potrebbe aggiungere? Se tutto questo non è bastato a convincervi sappiate che il film è infestato da tenerissimi e dispettosissimi coniglietti di plastilina (che imperversano perfino nei titoli di coda). Andate a vedere “La maledizione del coniglio mannaro”, l’unico horror che vi farà tremare come foglie di lattuga.
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