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Jan Frank, oli e acrilici su tela

Colpisce e stupisce un po’ la scelta da parte dei galleristi Francesco Pantaleone e Pamela Erbetta di dar spazio a un artista meno giovane

  • 9 ottobre 2004

Una mostra raffinata, dai toni pacati pur nell’irruenza del segno, tipica delle opere esposte dall’artista americano ma di origini olandesi Jan Frank (classe 1951), che ha inaugurato la nuova stagione espositiva della galleria francescopantaleoneartecontemporanea (via Garaffello 25, palazzo Rammacca a Palermo; aperta tutti i giovedì, fino al 31 ottobre, dalle 16 alle 20, gli altri giorni per appuntamento ai numeri 091.332482, 091.326393 e 339.8464500). L’atmosfera newyorkese – è dalla Grande mela che proviene Frank – è palpabile nella memoria dei pittori dell’action painting, De Kooning in testa, anche lui di origine olandese, nella scelta, per alcuni quadri, di una pittura segnica che si spande su superfici estese, come nel grande pezzo a olio su legno dominante l’ambiente principale della galleria, dotata di un nuovo look con il grigio come colore dominante delle pareti, sobrio, elegante, ma meno asettico del bianco.

Ma il marchio made in USA è riscontrabile anche nei forti richiami al Graffitismo metropolitano anni Ottanta, da Schnabel a Basquiat, quando le pennellate di nero s’ispessiscono, si fanno più aggressive e sembrano delineare le sagome di tipici soggetti da disegno di strada, obbediente a uno slang a tratti violento. Dodici i pezzi esposti, oli e acrilici su tela, su tavola, e un buon numero d’opere grafiche e disegni in cui sembra riemergere, dai grovigli di segni, di tracce, linee, il nucleo fondante delle composizioni, il corpo nudo femminile, che diviene elemento generatore, larvato e frantumato nelle pitture, sintetizzato e ricomposto nella grafica, ricondotto a immagine riconoscibile.

Colpisce e stupisce un po’ la scelta da parte dei galleristi Francesco Pantaleone e Pamela Erbetta di dar spazio a un artista meno giovane, che si distacca dal trend scanzonato e a tratti provocatorio associabile a esposizioni dello scorso anno, come quella dei quattro scatenati di Laboratorio Saccardi o all’ultima, quella di Andrea Buglisi; ma proprio questo effetto-spiazzamento, rispetto alle abituali mostre della galleria, è un elemento che suscita interesse e che forse può avvicinare un pubblico e una fetta di mercato più incline a scelte ‘rassicuranti’, come quelle proposte dalle opere di Frank, che non scadono, però, né nello stereotipo né nel tradizionalista.

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