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Festa dei morti: una tradizione a rischio

Un’antica tradizione questa, un tempo attesa più del Natale, che ancora una volta mette in luce lo spirito festaiolo e allegro che caratterizza i Siciliani

  • 26 ottobre 2004

La Sicilia è terra ricca di tradizioni e feste popolari molto antiche che si tramandano da generazioni e che ne fanno una regione affascinante e allo stesso tempo misteriosa. Alcune di queste sono accompagnate da leggende e credenze che mescolano il sacro con il profano, la realtà con la fantasia. È il caso del 2 novembre, giorno dedicato alla commemorazione dei defunti, che da queste parti viene vissuto in maniera tutt’altro che triste, tanto da essere chiamato il giorno della Festa dei Morti. I cari defunti, che nell’immaginario collettivo sono cupi e addolorati, si trasformano in generosi e burloni e la notte tra l’1 e il 2 novembre abbandonando per qualche ora le loro eterne dimore, distribuiscono giocattoli, dolci e vestiti ai bimbi buoni, nascondendoli negli angoli più strani della casa. Al mattino ogni bambino inizia la sua frenetica corsa alla ricerca dei tanto attesi regali che di solito si trovano sotto il letto, sopra l’armadio, dentro i cassetti, ecc.. I maschietti generalmente trovano pistole giocattolo, robot, automobiline, trenini elettrici ed interi cantieri in miniatura; le femminucce trovano le classiche bambole che piangono senza il ciuccio, Barbie, cucine con tutto il pentolame al seguito. Poi tutti assieme si va al cimitero a portare fiori, a ringraziare i propri cari per la loro generosità e a ricordarli come quando erano in vita.

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Un’antica tradizione questa, un tempo attesa più del Natale, che ancora una volta mette in luce lo spirito festaiolo e allegro che caratterizza i Siciliani e li contraddistingue in tutto il mondo. Ovviamente non può esistere una festa che non abbia delle specialità gastronomiche al seguito. Il dolce tipico per eccellenza è la frutta di martorana, detta anche pasta reale, realizzata con farina di mandorle e zucchero. Il nome di questo dolce deriva dalla chiesa della Martorana di Palermo, dove nel XII secolo le monache lo preparavano in occasione della festa di Tutti i Santi. Oggi i pasticceri hanno raggiunto livelli tali da riuscire a riprodurre fedelmente non soltanto frutta ma anche crostacei, panini con salame o panelle, piatti di spaghetti al sugo, talmente belli che sembra quasi un sacrilegio mangiarli. La frutta martorana viene in genere servita in grossi cesti, assieme a frutta secca e biscotti tipici, come i mustazzoli (ossa di morto). Oltre alla martorana esistono i pupi di zuccaru, vere e proprie bambole realizzate con zucchero e poi colorate a mano, che raffigurano paladini, personaggi dei cartoni animati e delle favole. Coloro che non amano i dolci possono stare tranquilli, perché anche il loro palato è accontentato. Difatti al mattino presto, in tutti i panifici, si possono trovare le muffolette, delle pagnotte da condire con pomodoro, sarde e cipolla e da mangiare ancora calde. In occasione della festa vengono allestiti dei mercatini dove è possibile trovare di tutto: dolci, giocattoli ed oggetti bizzarri e curiosi.

Eppure oggi se un bambino vestito da mostriciattolo viene a suonare alla porta brandendo la frase “Dolcetto o scherzetto” e pretendendo da noi dolci in cambio di protezione, o se veniamo invitati ad una festa in maschera in mezzo a streghe, vampiri e zombie, o se qualcuno arreda la casa con zucche vuote illuminate da una candela, quasi non ci facciamo più caso e accettiamo passivamente la trasformazione della Festa dei Morti in Halloween. Questa nuova festa, arrivata da noi dagli Stati Uniti grazie ai centinaia di telefilm made in U.S.A che popolano la nostra televisione, in realtà ha origini molto antiche e si fa risalire alla tradizione celtica del V secolo a.C. Secondo la leggenda, il 31 di ottobre gli spiriti dei defunti vagavano per la terra alla ricerca di un corpo da possedere per ritornare in vita. I celti, al fine di scoraggiare gli spiriti, spegnevano ogni fuoco, rendevano fredde le loro case e si abbruttivano il viso e il corpo. La tradizione è poi giunta in America nel 1840, quando gli irlandesi emigrarono verso il nuovo mondo. Oggi gli americani l’hanno trasformata in una festa in maschera, simile al nostro carnevale ma in versione horror, ed è un modo come un altro per ridere dell’idea della morte. Queste due tradizioni, generate dallo stesso principio ma sviluppatesi in maniera del tutto differente, ci mostrano ancora una volta quanto il mondo sia vario e allo stesso tempo bello. È giusto conoscere e capire gli altri, ma questo non vuol dire emularli a tal punto da dimenticare da dove veniamo e quali tesori possediamo già. Chissà se ci riusciremo.

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