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“Anatomia. Titus. La caduta di Roma”, quando il sangue è troppo

Un testo violento e visionario di Heiner Muller, ispirato alla tragedia di Shaskespeare “Titus Andronicus”

  • 31 ottobre 2004

Dopo avere dato inizio alla stagione 2004 del teatro Garibaldi di Palermo (in via Castrofilippo 30 alla Kalsa), il teatro Bulandra di Bucarest la conclude con lo spettacolo “Anatomia. Titus. La caduta di Roma”, andato in scena il 15 e 16 ottobre, un testo violento e visionario di Heiner Muller, ispirato alla tragedia di Shaskespeare “Titus Andronicus”, una fra le opere più sanguinarie del drammaturgo inglese. E la regia di Alexandru Darie, giovane direttore del teatro Bulandra già dal 2002, di questo sangue se ne fa gran corredo, riempiendone tanto le scene e facendo sì che ad un primo orrore ne segua poi una pigra abitudine. La tragedia originaria narra di una serie di vendette e omicidi sempre più efferati che hanno inizio quando il generale Tito ordina di far uccidere pubblicamente il figlio primogenito della regina degli sconfitti Goti, Tamora. Ai personaggi della tragedia qui si aggiungono un narratore e un clown: il primo veste i panni del drammaturgo tedesco che instaurando così un dialogo con Shaskespeare definisce un ponte ideale fra il teatro di ieri e quello di oggi nel quale elementi comuni rimangono purtroppo quelli della crudeltà e della ferocia; il secondo invece sottolinea quell’ironia che sottende a tutto l’orrore in scena. Molto bello l’uso che dello spazio fa il regista, ben adattando (e con pochissime prove) alla specificità del teatro della Kalsa un disegno scenico creato altrove, e molto bella la fisicità di quei corpi che tanto dicono pur se offesi e martoriati.

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L’innovazione drammaturgica si traduce sulla scena in invenzioni che, sebbene conducano sensazioni ed emozioni ad un piano ora onirico ora grottesco temperando così l’orrore per lo spettatore, talvolta risultano eccessive (per esempio le luci, disegnate dallo stesso regista), nulla togliendo comunque alla bravura di tutti gli attori impegnati in un notevole spettacolo della durata di tre ore. A chiusura di questa interessante stagione del teatro Garibaldi (come d’altronde le altre che l’hanno preceduta) ci sembra giusto fare menzione della funzione di interscambio culturale svolta dal teatro della Kalsa grazie alle stimolanti scelte del suo direttore artistico Matteo Bavera (e sappiamo purtroppo quanto questo abbia contato per l’amministrazione cittadina) quale membro dell’Unione dei teatri d’Europa (e crediamo sia l’unico teatro in Sicilia). E se ciò significa non solo portare più volte a Palermo il teatro Bulandra di Bucarest ma anche aprirsi verso artisti palermitani premiati e applauditi altrove e ignorati dalle istituzioni teatrali cittadine riconosciute dall’amministrazione, questo dovrebbe quanto meno far riflettere sullo stato in cui versa la realtà teatrale a Palermo.

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