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Il sentiero "Infennu - Paradiso" in Sicilia: l'itinerario (con vista) verso la Baia del Tono

Il racconto di una nuova escursione di metà luglio nel territorio di Milazzo, una lingua di terra a forma di triangolo isoscele che si protende dalla terra al mare

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 9 agosto 2024

Baia del Tono (Milazzo)

Una domenica di metà luglio col gruppo "PFM" sono partito per Milazzo, gloriosa città nota fin dall’antichità, nel 260 A.C. nel corso della prima guerra punica c’è stata appunto a Mylae la prima vittoria navale dei romani contro i cartaginesi.

Ma sarebbe lungo occuparsi della sua storia, adesso mi interessa occuparmene dal punto di vista naturalistico.

Morfologicamente essa occupa la penisola di Milazzo, una lingua di terra a forma di triangolo isoscele allungato che si protende dalla terraferma fino al mare.

Anzi in origine era un’isola, ma non la sesta delle vicine Eolie come potrebbe pensare qualcuno, perché non vulcanica come l’arcipelago, ma costituita di rocce metamorfiche che si sono formate all’interno della crosta terrestre e poi hanno subito vari processi chimici e trasformazioni fino ad assumere l’aspetto odierno.

Poi i vari torrenti: Patrì, Longano, Mela, Muto e Niceto con i loro depositi hanno fatto saldare l’isola alla terraferma.
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Ad ogni modo partendo dalla località Borgo, esattamente dalla via Trinità, abbiamo abbandonato la zona abitata ed abbiamo imboccato un sentiero in mezzo ad una natura selvaggia, fra felci, pale di fico d’india, ma anche piante di ruta dall’odore aspro e penetrante, lentischi e ginepri.

Nonché ortiche e altre piante spinose e agavi anche, calzoni lunghi d’obbligo. In qualche luogo ci siamo fatti strada in zone ombrose sotto alberi di pini d’Aleppo con le caratteristiche pigne piccole ed allungate che assomigliano ad una trottola (paorgio) di una volta.

Essi sono frutto di un rimboschimento perché non trattasi di pianta autoctona.

Proseguendo il sentiero è diventato davvero stretto e si è snodato fra tratti impervi a picco sul mare con i pendii a precipizio coperti da pale di fichi d’india di una varietà più piccola del consueto ma con delle spine più lunghe ed acuminate. Magari se uno avesse messo un piede in fallo essi avrebbero fermato il rotolamento impedendo di schiantarsi sugli scogli.

Ma ciò a prezzo di un supplizio da fare accapponare la pelle (rizzare i carni).

Perciò da un lato questo sentiero aveva caratteristiche orripilanti, ma dall’altro il panorama era ineguagliabile: acque limpide, cristalline, lambenti le coste, gli anfratti, le scogliere. La nostra sapiente guida Giuseppe Michelangelo Pirri ci ha spiegato che questo sentiero era usato dai milazzesi in tempo di guerra per sfuggire alla soldataglia.

Infatti quando l’abbiamo imboccato deviando dall’ampia strada principale appariva come una specie di buio cunicolo ad altezza d’uomo e non aveva affatto l’aria di potere condurre da qualche parte.

Comunque continuando il percorso abbiamo incontrato un ampio manufatto cilindrico in pietra grande quanto la stanza di una casa che era stato una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, l’argilla si era saldata come cemento rendendola impermeabile.

Più avanti siamo pervenuti al Belvedere Fontanelle, vista meravigliosa sulla baia, con il mare turchese e la vista sulle prospicienti isole Eolie. Le fontanelle ancora ben conservate sono un lavatoio medioevale.

Un tempo dovevano esserci cospicue acque, a differenza di adesso che la siccità le ha fatte scomparire. Abbiamo proseguito il nostro cammino giungendo in vista della bellissima baia del Tono perfettamente circolare, il mare era una tavola blu.

Siamo discesi attraverso l’ampia e ben tenuta scalinata della "N'Gonia" e tutti a mollo con le pinne, fucili, ed occhiali, veramente solo con l’ultimo elemento, ma era per ricordare una celebre canzone.

Abbiamo guardato i fondali, fatto lo snorkeling, per una botta chiamiamolo di fondo schiena, il mare era veramente una tavola blu e perciò le acque erano trasparenti ed abbiamo visto le agglomerazioni coralline, qualche stella marina e banchi di pesci.

Dopo per non arrostire sotto il sole cocente, ma le piante ce le siamo comunque abbrustolite, era come camminare sui carboni ardenti poiché eravamo arrivati nell’ora più calda e non avevamo con noi sandali da spiaggia.

Così abbiamo trascorso gran tempo in acqua, qualcuno più pigro si è limitato a distendersi e fare il morto, dando ogni tanto uno sguardo per non ritrovarsi al largo, ma non c’erano correnti e si poteva tranquillamente rimanere in loco.
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