CURIOSITÀ
Il loro nome è (quasi) impronunciabile: le egagropile "vivono" sulle spiagge in Sicilia
Si possono trovare a San Vito, a Isola delle Femmine o a Capaci, ma anche a Torre Salsa e a Punta Secca, ormai considerata da tutti come la "Spiaggia di Montalbano"
Le egragopile
In apparenza sembrano quasi completamente sferiche, ma quando li prendiamo appaiono più ovali e hanno una consistenza fibrosa e spugnosa, essendo composti da un materiale che somiglia a dei tanti piccoli peli marroni.
Trattasi delle egagropile, degli agglomerati ovali che attirano l’attenzione dei bagnanti e che sono formati da residui vegetali che molti confondono con le alghe.
Esse sono note alla cittadinanza anche come palle di mare, palle di Nettuno, polpette di mare o tutt’al più come patate di mare. Recentemente in alcune regioni del nord Italia sono state chiamate anche kiwi di mare, per via della somiglianza estetica con il frutto, ma in verità le egagropile non sono altro che gli sfilacciamenti delle foglie di alcune piante acquatiche, la cui presenza è sinonimo di alta qualità ambientale.
Di solito le egagropile si formano quando le estremità vegetali di queste piante vengono strappate dall’azione delle onde, formando dei filamenti abbastanza lunghi che, a seguito dell’elevata quantità di foglie, si attorcigliano su loro stesse, formando le palline caratteristiche che è possibile trovare sui nostri litorali.
Talvolta, quando sono estremamente secche, le egagropile possono essere persino utilizzate come combustibile per accendere dei piccoli falò in spiaggia, ma bisogna ricordare che questa pratica non è consentita in diversi comuni del territorio siciliano.
Di sicuro è possibile scorgere le egagropile in alcune delle spiagge sabbiose più famose della nostra isola.
Si possono infatti individuare a San Vito come a Isola delle Femmine o a Capaci, ma anche a Torre Salsa nell’agrigentino come a Punta Secca, ormai considerata da tutti come la "Spiaggia di Montalbano".
La loro distribuzione sulle spiagge siciliane infatti si collega alla presenza sottomarina delle grandi praterie di Posidonia e per quanto la loro galleggiabilità gli consente di raggiungere spiagge molto distinti dal loro ruolo d’origine, rimangono ancora oggi dei buoni indicatori di qualità ambientale.
Per quanto però considerati degli scarti vegetali da gestire malvolentieri, da alcuni anni queste piccole palle di pelo sono divenute una potenziale risorsa di sviluppo, visto che possono essere riutilizzati sia a livello agricolo che industriale.
Per esempio possono essere impiegati come ammendante e fertilizzante dei suoli agricoli o possono essere utilizzati per produrre dei panelli fonoassorbenti ad alta efficienza termica da impiegare nell’edilizia.
Un altro importante utilizzo a cui potrebbero essere destinati, insieme all’accumulo delle alghe spiaggiate sulla battigia, è la produzione di energia tramite l’elaborazione all’interno delle centrali di biometano.
Una realtà che potrebbe far risparmiare anche di molto i cittadini delle comunità marinare sulla bolletta, vista la grande produzione naturale di questo materiale. Probabilmente però il ruolo più importante che potrebbero svolgere da qui in avanti, secondo alcuni studiosi, è quello di spazzini dell’oceano.
Secondo infatti alcuni scienziati spagnoli, le egagropile svolgono un importante ruolo ecologico nell’ambiente marino, essendo in grado di rimuovere le varie materie plastiche di piccole dimensioni che sono presenti in mare. Se doveste d’altronde trovare un egagropilo sulla spiaggia, portatelo a casa e apritelo con delle forbici o un coltello.
Scoprirete così che la quantità di plastica presente all’interno delle Egagropile può essere anche molto elevata e che in alcune spiagge è possibile trovare diversi esemplari completamente composti da filamenti di plastica raccolti dai residui delle Posidonia. Analizzare quindi il loro contenuto è fondamentale per comprendere lo stato di salute del nostro mare.
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