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I padri della (prima) chirurgia estetica erano siciliani: il metodo italiano dei fratelli Branca

Le antiche pratiche per rimediare a mutilazioni e patologie prevedevano delle operazioni molto dolorose ma efficaci per ricostruire le parti del corpo

Viviana Ragusa
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  • 22 luglio 2023

Il "metodo italiano" dei fratelli Branca

Fin dall’antichità, l'essere umano è stato sempre attratto dall'ideale di perfezione, specialmente in riferimento al proprio corpo.

Per alcuni individui, un piccolo difetto può rappresentare una fonte di disagio e un motivo di vergogna se non risponde a dei precisi canoni estetici.

Nell'epoca contemporanea si ricorre alla chirurgia estetica per modificare parti del proprio corpo che non vengono reputate conformi alla propria idea di bellezza e questa pratica è diffusa in diverse parti del mondo.

Tuttavia le conoscenze mediche che oggi contribuiscono ad aumentare l’autostima di milioni di persone risalgono a migliaia di anni fa.

Grazie a diversi studi, esiste la certezza che diverse tecniche di chirurgia ricostruttiva venivano praticate già nelle civiltà indiane ed egizie del 2.000 a.C. e un particolare procedimento, chiamato tecnica indiana, è contenuto in uno scritto dell’autore indù Sushruta, il quale descrisse il particolare metodo adottato per ricostruire parti del viso.
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In antichità era consuetudine, dopo uno scontro, mutilare il nemico, spesso tagliandogli il naso, le labbra o le orecchie. Proprio per questo motivo la chirurgia estetica si concentrava quasi esclusivamente sulla ricostruzione facciale.

Persino l’imperatore Giustiniano II (detto Rinotmeto, naso tagliato) scelse di ricorrere a questa pratica nel 700 d.C.

Spesso chi si occupava di chirurgia estetica non diffondeva le proprie conoscenze, ma si limitava a istruire i propri figli, preferendo che la tradizione scomparisse contestualmente alla morte dei discendenti.

Esistono, però, delle eccezioni come il trattato del medico romano Aulo Cornelio Celso intitolato De Medicina, che faceva parte di un corpo molto più ampio riguardante diverse discipline, come la filosofia e l’agricoltura.

Nel XIII secolo Papa Innocenzo III decise di vietare ogni tipo di intervento chirurgico poiché ritenuta una soluzione rozza e contraria alla volontà divina. In questo modo, la disciplina diventò consuetudine tra i barbieri, gli unici oltre ai medici a padroneggiare l’uso delle lame.

Nonostante il divieto, la chirurgia estetica continuò a svilupparsi, tant’e vero che due secoli dopo la decisione del pontefice si giunse all’invenzione del cosiddetto metodo italiano.

Questo particolare procedimento fu opera di Gustavo e Antonio Branca, rispettivamente padre e figlio: due catanesi che operarono nella seconda metà del 1400 e studiarono l’antico metodo indiano, fino ad allora l’unico efficace ed effettivamente praticato.

Gustavo si specializzò nella ricostruzione facciale e tramandò il suo sapere al figlio, il quale definì i dettagli del "’metodo italiano" dopo la morte del padre.

Antonio Branca rivoluzionò la chirurgia estetica e aiutò molte persone a sentirsi nuovamente a proprio agio con il proprio corpo. In quell’epoca, infatti, si diffuse la sifilide e uno dei sintomi causati dalla malattia era il ‘’naso a sella’’.

Questa condizione rappresentava una sorta di marchiatura e aveva ripercussioni sociali. La tecnica impiegata dalla famiglia Branca era molto dolorosa e richiedeva diversi mesi di ricovero.

Nello specifico, i medici prelevavano un lembo di pelle dal braccio del paziente, ma soltanto da tre lati, perché il quarto rimaneva attaccato all’arto superiore, in modo tale da fissarlo accanto al volto.

In questo modo, il tessuto poteva crescere sul naso e cicatrizzarsi. Al termine di questo processo, l’arto veniva separato dal viso e la ferita poteva rimarginarsi senza lasciare cicatrici evidenti sul volto. Il lavoro dei medici siciliani portò a risultati stupefacenti, ma la Chiesa non era d’accordo.

Andare contro la volontà divina modificando ciò che Dio aveva creato era un atto deplorevole. Anche il seguace della famiglia Branca, Gaspare Tagliacozzi, dovette fare i conti con la Chiesa.

Il medico continuò a mettere in pratica il ‘’metodo italiano’’ per decenni e oggi è considerato il padre della chirurgia estetica in Italia, anche grazie al suo trattato ‘’De curtorum chirurgia per insitionem’’.

Nonostante il suo grande contributo alla scienza, Tagliacozzi era malvisto dai membri ecclesiastici e venne scomunicato dalla Chiesa.

In aggiunta, il suo cadavere venne riesumato poiché era inconcepibile che venisse sepolto in un luogo sacro e venne spostato in un terreno sconsacrato.

Sono trascorsi diversi secoli da queste vicende e oggi la chirurgia estetica è una pratica accettata in molte parti del mondo, oltre ad essere sicuramente più sicura per i pazienti e meno dolorosa rispetto al ‘’metodo italiano’’.

Ciò che rimane invariato è il tentativo dell’uomo di migliorare costantemente e superare i propri limiti.
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