STORIA E TRADIZIONI
È pronta a scacciare il demonio con una mazza: a Palermo c'è una vergine singolare
Una chiesa del centro storico cittadino è custode di diversi tesori ma la sua singolare statua può essere osservata anche solo passeggiando a piedi lungo via Maqueda
La chiesa della Madonna del Soccorso a palermo (foto Wiki)
In verità, sarà per il caso o per poca fortuna, ricordo di averla vista sempre chiusa. Rientrava nel circuito di "Manifesta 12" fino al 4 novembre 2018, ma anche in quell'occasione non è stata resa visitabile internamente. Infatti, e soltanto di sera, entrati nel portone ci si ritrovava davanti ad un pannello ermeticamente chiuso recante tre piccole vetrate ottagonali.
Inserendo una monetina in un'apposita fessura, la chiesa si illuminava per pochi secondi e bisognava essere lesti lesti a scattare le foto, accontentandosi del risultato o riprovando con un'altra monetina. Pertanto questa chiesa dalla storia così antica continua a non mostrarsi agli avidi occhi curiosi di noi palermitani.
Si trova adiacente a palazzo Mazzarino, prima di incrociare via Trabia, e si riconosce per via della presenza, sul timpano, di una piccola statua della Madonna che impugna una mazza nell'atto di scacciare il demonio.
La primitiva chiesa sorgeva nei pressi, all'incirca all'inizio di via Ugo Antonio Amico e fu voluta dal Priorato di S. Niccolò del Bosco di Caccamo, che aveva fondato a Palermo una chiesa così intitolata, insieme ad una Gancia per ospitare i propri monaci. Nel 1424, il Priore frà Giovanni Picciuto accolse la richiesta di alcuni caccamesi che avevano fondato la Confraternita di S. Maria del Soccorso e concesse loro la chiesa, ritenuta "magnifica" dal Castellucci nel giornale sacro Palermitano.
Ma tale magnificenza non bastò per farla sopravvivere al taglio di via Maqueda e nel 1600 fu demolita. Così nel 1603 iniziarono i lavori, ultimati nel 1606 - come ricorda una targa al suo interno - per costruire la nuova chiesa della Madonna del Soccorso nel luogo in cui si trova a tutt'oggi.
Un'altra lapide racconta di altri abbellimenti eseguiti nel 1797. Si compone di tre navate, di cui la centrale è dotata di sei archi supportati da pilastri lavorati a stucco. L'altare maggiore conteneva una statua lignea della Madonna del Soccorso, poi sostituita con un'altra più recente, mentre l'originario dipinto quattrocentesco era conservato nella sagrestia.
Possedeva delle splendide opere, di cui sei diverse tele dello Zoppo di Ganci (Giuseppe Salerno); pur se alcune di esse furono attribuite alla sua scuola. Riguardo alla tela del Giudizio Universale di Filippo Paladini, le spese furono sostenute da tale Caterina Peralta, come indica un'epigrafe.
Quasi tutte queste opere sarebbero ormai custodite al Museo Diocesano, eccetto un trittico quattrocentesco proveniente dall'antica chiesa, di cui non si ha più notizia da moltissimo tempo. Sicuramente, per evitare la sua scomparsa, sarebbe stato necessario un intervento tempestivo e netto, come un bel colpo di mazza. Ma adesso rendere di nuovo fruibile questa chiesa si rivelerebbe davvero un grande arricchimento storico e culturale per la città. E senza installazioni a gettone.
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