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Con lui ti sfami, ti vesti (e scopri la verità): la storia di un frutto simbolo della Sicilia

Ne parlò Omero nell'Odissea e con le sue foglie Adamo ed Eva si coprivano le "vergogne". La sua diffusione si deve ai Fenici ma ha una tradizione tutta sicula

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 12 settembre 2024

Un albero di fichi

La Sicilia è molte cose. È sicuramente tesoro di leggende che lasciano trasparire il suo unicum culturale, raccontato da un passato dove il mito e la fantasia trovano ispirazione nell’immaginario popolare, come un sottobosco che nutre una foresta di eventi reali e autentici personaggi, territorio e ruralità con usi e costumi arrivati un po’ dappertutto dalle etnie che l’hanno popolata.

Queste storie ci rendono oggi una meta turistica ambita, una destinazione affascinante per visitatori appassionati che assaporano la nostra bellezza "mitica". E di sapori parliamo raccontando la storia di uno dei frutti simbolo della Sicilia e fondamentale nelle ricette tradizionali, soprattutto, per le festività comandate celebrate a tavola: i fichi.

Alzi la mano chi non li ama perché sono un frutto il cui sapore è già una leggenda. Ricco di zucchero e aromatico, cresce su una pianta bella a vedersi, forte e spesso alta, ombrosa e mitologica.
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La famosa foglia di fico a copertura delle intimità vi dice qualcosa? È solo una della tante storie che rendono l’albero legato alla cultura popolare, religiosa e artistica di secoli di opere d’arte.

In molte civiltà del Mediterraneo l’albero era un simbolo che rappresentava il cosmo, l’immortalità, la fertilità e l’abbondanza, ed è nominato nelle tre religioni monoteiste: musulmana, ebraica e cristiana, mentre per i buddisti e gli induisti simboleggia la conoscenza e la verità.

A proposito delle nudità, è l’albero della Genesi dove i nostri presunti progenitori - Adamo ed Eva - trovano nascondiglio dopo il furto della mela, male consigliati dal serpente. Con le sue foglie ci coprono le proprie scoperte vergogne.

Insomma è praticamente da considerarsi come il primo fornitore di abbigliamento umano a buon mercato. E in quanto ad albero della conoscenza sembra che fosse proprio il fico il frutto proibito della conoscenza e non la mela che Eva rubò e condivise con Adamo nel paradiso terrestre.

Tornando alla Sicilia la tradizione di consumare e regalare, fichi secchi variamente trattati e utilizzati nei dolci delle feste, deriva da una usanza dei romani per i quali non solo era un albero sacro ma, come scrive Publio Ovidio Nasone, era molto gradito riceverli nelle feste del capodanno.

Omero nella sua Odissea ne parla quando racconta di Polifemo il pastore Ciclope che tenne in scacco Ulisse e dell’usanza del succo, il lattice, per coagulare e cagliare il latte e produrre formaggi nella sua grotta, giustappunto in Sicilia affacciata sulla costa.

Un metodo antichissimo che ancora oggi viene utilizzata in alcune produzioni di nicchia di formaggi siciliani che vengono fatti cagliare con latte di fico.

A proposito di questo e restando in argomento gastronomico, in Sicilia i fichi sono un ingrediente immancabile nella nostra cucina per la preparazione dei famosi dolci del periodo natalizio, “Cucciddati o buccellati siciliani” per il ripieno a base di confettura di fichi o fichi secchi tritati e impastati con cioccolato, mandorle e altra frutta secca.

Come frutta o come confettura il loro sapore si sposa benissimo se vengono ai nostri migliori formaggi stagionati. Una vera curiosità botanica sono proprio i suoi frutti che in realtà sono quei piccoli semi che troviamo nella polpa, racchiusi nell’involucro che è invece un “falso frutto”.

Per questo motivo affiché avvenga l’impollinazione l’albero utilizza una piccola vespa la “Blastophaga psenes”, ovvero quel moscerino che vediamo spesso entrare nel foro sottostante la sacca che entra nel “falso frutto” della specie maschio, il caprifico, a deporre le sue uova.

In ultimo ma non meno importante, sembra proprio che sia la pianta tra le più antiche del mondo rurale come albero coltivato a seguito dello sviluppo dell’agricoltura come pratica umana milioni di anni fa.

Secondo alcuni studiosi la sua diffusione si deve ai Fenici approdati sulle isole del Mediterraneo, quindi anche in Sicilia, ma furono i Romani che lo esportarono nelle terre conquistate nell’ odierno vecchio continente.

Due le piante, una maschile e e una femminile: il Ficus carica sativa e Ficus carica caprificus. Il primo è il fico femmina ovvero l’albero domestico che produce frutti succosi e zuccherini, mentre il caprifico è la pianta maschio selvatica il cui polline attiva la fecondazione ma i frutti non sono commestibili.

E per concludere in bellezza, proprio di questa il fico è depositario sia per la salute che per la cura: i frutti sono ricchi di vitamina A, B1, B2, B6, PP e C, consumati freschi hanno degli enzimi digestivi che migliorano l’assimilazione delle sostanze nutritive, e sono ottimi per proteggere pelle, occhi, cuore e apparato digerente.

Sfatiamo un falso mito che li precede: i fichi permettono di tenere sotto controllo la glicemia, nonostante siano altamente zuccherini, ma ricchissimi di potassio e magnesio che contrastano l'innalzamento glicemico dopo i pasti.
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