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Colpo d'occhio su Palermo ma dal mare: la città è pronta ad un nuovo waterfront

Passo avanti per la creazione di uno scenario da favola che possa abbracciare l'intera città di Palermo ma dal mare: scompariranno alcuni palazzi, ecco le iniziative in corso

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 3 giugno 2020

Il waterfront di Palermo

Negli ultimi giorni ha fatto capolino destando curiosità, la notizia della demolizione di alcuni edifici di nessun pregio architettonico all'interno del recinto portuale la cui rimozione avvicinerà ancora maggiormente la vista del mare alla città “abbandonata”.

Interventi funzionali alla prossima riqualificazione dell’immensa area portuale frutto di una visione complessiva e di un costante e virtuoso processo di pianificazione cadenzata per stralci eseguiti dalla Autorità Portuale di Palermo, sistema vincente che da circa un ventennio è divenuto vero e proprio modello inderogabile ( almeno per loro) in un costante confronto con urbanisti, progettisti, istituzioni culturali ed economiche.

Una punteggiata sul filo di costa di progetti al centro del quale, piaccia o meno, risiede cosciente l'importanza del concetto indispensabile di “Architettura” quale sinonimo di qualità e sviluppo, dal Parco del Foro Italico all’arco della Cala, dalla recente riqualificazione del porticciolo di Sant’Erasmo al virtuosismo del progetto vincitore di concorso del gruppo romano Valle 3.0/E.T.S.-De Biasio/Hipro che cambierà radicalmente e in meglio il volto del waterfront d'arrivo sulla via Crispi, datato 2018.
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Ancora una volta un concorso, ancora una volta qualità come linea di indirizzo programmatica e pragmatica, ancora una volta il modello virtuoso di scelta tra grandi progettisti che si confrontano concretamente su temi contemporanei e da troppo tempo distanti dal dibattito culturale della città.

78 milioni di euro è l'importo dei lavori per riqualificare intorno a inderogabili principi di sostenibilità ambientale i 44.000 mq di area portuale da aprire alla città del futuro, con la costruzione di tre nuovi padiglioni/terminal, spazi pubblici e verdi, luoghi di incontro e socialità diffusa, in una parola “Habitat contemporanei”.

«Il nuovo porto di Palermo – scrivono i progettisti – è un dispositivo “adattativo” complesso, sostenibile e creativo. Una architettura utile, tecnologicamente affidabile e bella al servizio della città e dei cittadini».

Se ci riferiamo ancora alla squadra dell’Autorità Portuale, dobbiamo aver ben chiaro in mente che non stiamo parlando di supereroi né alieni usciti dalle matite visionarie di David Finch, Frank Miller o Mike Mignola ma di professionisti e dirigenti pubblici assolutamente “normali” con la corretta e virtuosa visione di come le cose vadano pensate, pianificate e realizzate, fatte, e che, facendo seguito alle prescrizioni del P.R. portuale adottato tra il 2008 e il 2016 hanno saputo calibrare le linee guida del bando per il successo del progetto uscito vincitore dal Concorso e che vede secondo Gianluca Peluffo.

Da una parte si immagina, si pianifica, ci si affida ai concorsi di architettura e agli architetti per produrre economia e bellezza sostenibile, da un'altra parte, si parla, si straparla, si riparla mentre la città si impantana su stessa.

Qualcosa non torna. Due velocità ha questa città, una virtuosa e capace di sedimentare preziosi frammenti di nuova qualità urbana, l'altra immobile e paludosa incapace da almeno quarant’anni di dare concrete risposte ai bisogni dei cittadini e a quel diritto all'architettura contemporanea tipica della grandi capitali culturali Mediterranee.

Entrambi gli attori di questi due registri sono soggetti pubblici, respirano la stessa aria ma non producono gli stessi risultati, così è se vi pare.

Se l'Autorità Portuale di Palermo è riuscita in forza della propria autonomia e del proprio organico a costruire il modello virtuoso di configurazione del proprio ambito territoriale attraverso la qualità architettonica, la pianificazione e la partecipazione, promuovendo i concorsi, perché la restante parte di città non riesce nemmeno ad immaginare processi virtuosi di uguale misura per generare economia sostenibile costruendo la bellezza dei suoi luoghi urbani da riqualificare?

Ps. A questo punto, il consiglio lo possiamo pur dare, non serve immaginare un nuovo modello, basta copiare.
Basta copiare da quelli più bravi.
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