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Giorgio Armani: “decisi sussurri di stile”

Un tipo di minimalismo che non risulta noioso, ma riesce ad esaltare l’eleganza, evitando così di sfociare nell’espressione chiassosa e volgare

  • 14 settembre 2004

Si è conclusa lo scorso agosto a Roma presso le Terme di Diocleziano la mostra “Giorgio Armani: Retrospettiva”, promossa dalla fondazione Solomon R. Guggenheim e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con lo scopo di celebrare la Carriera del grande stilista. L’allestimento della mostra è stato affidato al regista teatrale e visual artist Robert Wilson, il quale è riuscito a fondere passato e futuro in un qualcosa di totalmente nuovo, tramite un intreccio di luci, suoni ed elementi architettonici. La mostra è stata dislocata lungo le varie sale del museo, in un percorso diviso per argomenti, ognuno associato ad una singola sala. L’esposizione si è aperta con una panoramica generale, di vari abiti, sia da uomo che da donna, datati dalla fine degli anni ’70 ad oggi. Il tema principale di questa prima sala è stato il colore. Nonostante lo stilista utilizzi tutto lo spettro cromatico, la gamma di colori più usata è stata quella dei colori neutrali, dalle quali combinazioni si genera uno spettro infinito di tonalità secondarie e terziarie. Non è casuale la coniatura di espressioni come “Non colore” e “Greige” (fusione tra grigio e beige), a sottolineare l’indefinibilità della gamma cromatica utilizzata. Altro fattore di novità introdotto dallo stilista è stato la demolizione del muro che esiste fra i due sessi. Armani è stato il primo infatti, ad abbattere quelle rigidità esistenti che intercorrevano tra capi maschili e capi femminili. I vestiti da uomo, sono intrisi di una nuova sensualità, mai vista prima, mentre i vestiti femminili acquistano una severità ed una temperanza tipica maschile, quasi androgina, senza però pregiudicarne la femminilità che c’è alla base. Una peculiarità fondamentale dello stilista è la caratteristica impronta minimalista.

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Un tipo di minimalismo che non risulta noioso, ma riesce ad esaltare l’eleganza, evitando così di sfociare nell’espressione chiassosa e volgare. Possiamo definirlo un autentico minimalismo di sintesi. Proseguendo il percorso, ci imbattiamo in una nutrita serie di abiti da donna. La femminilità di questi abiti è notevole, quasi a voler smentire la ricerca della mascolinità nella donna fin qui illustrata. La particolarità di questa serie, è il costante gioco di superfici e trasparenze. Ispirati alle linee di lingerie, questi abiti hanno una funzione di seconda pelle, nel quale il corpo si mostra e si nasconde allo stesso tempo, galleggiando in uno stato in cui vi è l’illusione che il corpo venga mostrato. Spesso si assiste a vere e proprie contrapposizioni di elementi maschili e femminili presenti nello stesso modello, a significare la versatilità dello stilista. La stessa versatilità che ritroviamo nella capacita di ispirarsi, attingendo dall’abbigliamento etnico. Nei suoi vestiti possiamo ritrovare i motivi ornamentali della pittura cinese e dell’abbigliamento africano. La semplicità delle sartorie asiatiche e africane, si incontra perfettamente con il concetto di minimalismo espresso dallo stilista. Di questi elementi etnici, Armani però ne riprende qualche elemento, senza ritrovarsi confinato in rigide classificazioni stilistiche.

A porre un sigillo sulla mostra (e sulla carriera) dell’artista ci pensa la sala dedicata al mondo dello spettacolo. Numerosi modelli esclusivi esposti, concessi gentilmente da ciascun possessore, con dietro ad ogni modello una foto del proprietario nel momento che lo indossa. Ricordiamo che l’esordio di Armani come costumista in campo cinematografico è avvenuto con il film “American Gigolo” di Paul Schrader, per passare alla consacrazione nel 1987 con “Gli Intoccabili” di Brian De Palma.  Considerevole è la sensazione di stupore che si prova a girare attorno a questi vestiti. E’ come se inconsciamente già si conoscessero. E sicuramente è così, perché gli abiti che vediamo sono quelli utilizzati in quasi tutte le notti degli oscar, o nei film più celebri. Roberto Benigni, Bradd Pitt, Winona Ryder, Sofia Loren, Samuel L. Jackson, sono solo alcuni dei nomi dei vip che hanno scelto Armani. Il vestito più celebre di questa sezione è quello di Ricky Martin: il classico maglione grigio antracite a collo largo su pantaloni di pelle nera che tutti noi abbiamo visto almeno una volta. L’unica pecca che possiamo individuare in tutta la mostra è l’eccessiva artisticità dell’allestimento, per il quale a tratti viene compromessa la fruibilità della mostra. Concludendo possiamo dire che la straordinarietà dell’artista (perché di un artista stiamo parlando), comune ad ogni capo, è l’abilità di riuscire a creare abiti capaci di catalizzare l’attenzione, senza però urlare la loro bellezza. Un abito di Armani riesce ad incantare, pur mantenendo quella pacatezza che lo contraddistingue. Possiamo definire le creazioni dello stilista dei “decisi sussurri di stile”.

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