"Il Tardo Mafioso Impero": dal teatro Madre al Gay Pride, un omaggio al drammaturgo e poeta Nino Gennaro

Nino Gennaro fotografato da Letizia Battaglia
Palermo ricorda Nino Gennaro (1948-1995), uno dei più originali e vivaci protagonisti della vita teatrale e politica negli anni Settanta-Ottanta, con la mostra fotografica "Il Tardo Mafioso Impero" a Palazzo Gulì, sede del Memoriale.
Il progetto - curato da Umberto Santino, Presidente del Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato" e Ario Mendolia, Direttore del No Mafia Memorial - si compone delle fotografie di Ernesto Battaglia, Letizia Battaglia, Maurizio D'Angelo, Riccardo Liberati e Franco Zecchin.
La mostra fotografica era già stata allestita a Palermo dopo la morte, per omicidio o per suicidio, di Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammona, di 15 e 25 anni, presumibilmente omosessuali, scomparsi a Giarre il 17 ottobre e ritrovati l'1 novembre 1980, e dopo l'assassinio, a Palermo, dell'omosessuale Andrea Lucchese, del 6 giugno 1981.
Nino Gennaro, nato e cresciuto a Corleone e poi costretto nel 1977 a spostarsi a Palermo, a causa dell'ostilità dell'intero paese per il suo anticonformismo e il suo impegno politico antimafia, è una figura eclettica e geniale che ha sempre deliberatamente scelto la libertà.
Prima animatore di un circolo giovanile socialista, poi di un circolo indipendente dedicato al sindacalista Placido Rizzotto ucciso dalla mafia, Gennaro raccoglie intorno a sé un gruppo di giovani tra cui alcune ragazze minorenni, così per la prima volta a Corleone viene celebrato l'8 marzo e arrivano libri, temi di discussione proibiti o sconosciuti, e un desiderio di libertà e di cambiamento.
Grazie al suo sostegno e ad una audace sentenza del giovane pretore Giacomo Conte, Maria Di Carlo (poi compagna del poeta fino alla morte) vinse la sua battaglia contro il padre padrone che la picchiava selvaggiamente e la chiudeva in casa per impedirle di frequentare Nino Gennaro.
Negli stessi anni in cui Peppino Impastato conduceva la sua coraggiosa battaglia, che gli fu fatale, contro i capi mafia di Cinisi, Nino Gennaro invitava i conterranei a ribellarsi al "Tardo mafioso impero", dichiarando che i corleonesi non erano tutti gregari del boss Luciano Liggio.
Arrivato a Palermo, continua il suo impegno politico nel movimento universitario, per il diritto alla casa e i diritti degli omosessuali, e incontra il regista e pittore italo-argentino Silvio Benedetto che gli insegna l'arte di recitare.
Da quel momento inizia la sua avventura teatrale, e all'inizio degli anni Ottanta crea il "Teatro Madre", formato un gruppo di amici, attori e non, che metteva in scena in modo assolutamente spartano testi scritti da lui stesso, portandoli nei luoghi extrateatrali di Palermo: università, biblioteche, locali e nelle case.
Il progetto - curato da Umberto Santino, Presidente del Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato" e Ario Mendolia, Direttore del No Mafia Memorial - si compone delle fotografie di Ernesto Battaglia, Letizia Battaglia, Maurizio D'Angelo, Riccardo Liberati e Franco Zecchin.
La mostra fotografica era già stata allestita a Palermo dopo la morte, per omicidio o per suicidio, di Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammona, di 15 e 25 anni, presumibilmente omosessuali, scomparsi a Giarre il 17 ottobre e ritrovati l'1 novembre 1980, e dopo l'assassinio, a Palermo, dell'omosessuale Andrea Lucchese, del 6 giugno 1981.
Nino Gennaro, nato e cresciuto a Corleone e poi costretto nel 1977 a spostarsi a Palermo, a causa dell'ostilità dell'intero paese per il suo anticonformismo e il suo impegno politico antimafia, è una figura eclettica e geniale che ha sempre deliberatamente scelto la libertà.
Prima animatore di un circolo giovanile socialista, poi di un circolo indipendente dedicato al sindacalista Placido Rizzotto ucciso dalla mafia, Gennaro raccoglie intorno a sé un gruppo di giovani tra cui alcune ragazze minorenni, così per la prima volta a Corleone viene celebrato l'8 marzo e arrivano libri, temi di discussione proibiti o sconosciuti, e un desiderio di libertà e di cambiamento.
Grazie al suo sostegno e ad una audace sentenza del giovane pretore Giacomo Conte, Maria Di Carlo (poi compagna del poeta fino alla morte) vinse la sua battaglia contro il padre padrone che la picchiava selvaggiamente e la chiudeva in casa per impedirle di frequentare Nino Gennaro.
Negli stessi anni in cui Peppino Impastato conduceva la sua coraggiosa battaglia, che gli fu fatale, contro i capi mafia di Cinisi, Nino Gennaro invitava i conterranei a ribellarsi al "Tardo mafioso impero", dichiarando che i corleonesi non erano tutti gregari del boss Luciano Liggio.
Arrivato a Palermo, continua il suo impegno politico nel movimento universitario, per il diritto alla casa e i diritti degli omosessuali, e incontra il regista e pittore italo-argentino Silvio Benedetto che gli insegna l'arte di recitare.
Da quel momento inizia la sua avventura teatrale, e all'inizio degli anni Ottanta crea il "Teatro Madre", formato un gruppo di amici, attori e non, che metteva in scena in modo assolutamente spartano testi scritti da lui stesso, portandoli nei luoghi extrateatrali di Palermo: università, biblioteche, locali e nelle case.
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