Femministe, antirazziste, antifasciste: l'8 marzo le donne scioperano al grido di «Non una di meno!»
"Femmine", sì. Madri, sorelle, amiche. Studentesse, lavoratrici, mogli. L'otto marzo a Palermo - come nel resto del mondo - le donne scendono in piazza per scioperare al grido di «Non una di meno!». L'appuntamento in città è in piazza Politeama alle 17.
A braccia conserte, le donne si fermano interrompendo ogni attività e in qualunque luogo - che sia scuola, casa, università, ospedale, piazza - e si uniscono per dire a una sola voce "no" alle gerarchie di genere, alla discriminazione di ruolo, a tutte le forme di violenza che continuano a perpetrarsi ai danni di un numero sempre crescente di vittime.
Lo sciopero vuole essere un modo per far sentire la propria voce, ma soprattutto per esprimere il categorico rifiuto della piega patriarcale e razzista che sta travolgendo i governi di molti Paesi del mondo, generando insoddisfazione, aizzando rancore verso i meno fortunati, creando un clima di insofferenza e odio verso il "diverso", che sia omosessuale, migrante, donna, appunto.
Dati alla mano, i numeri sono allarmanti: in Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo, quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale, ogni anno vengono uccise circa 200 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Un milione e 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni di età. Un milione di donne ha subito stupri o tentati stupri. Quattrocentoventimila donne hanno subito molestie e ricatti sessuali sul posto di lavoro.
Per un giorno le donne rivendicano il sacrosanto diritto all'autodeterminazione sui propri corpi e sulle proprie vite. La libertà di qualsiasi soggetto di esprimere e vivere la propria sessualità, la propria spiritualità e la propria cultura senza paura.
A braccia conserte, le donne si fermano interrompendo ogni attività e in qualunque luogo - che sia scuola, casa, università, ospedale, piazza - e si uniscono per dire a una sola voce "no" alle gerarchie di genere, alla discriminazione di ruolo, a tutte le forme di violenza che continuano a perpetrarsi ai danni di un numero sempre crescente di vittime.
Lo sciopero vuole essere un modo per far sentire la propria voce, ma soprattutto per esprimere il categorico rifiuto della piega patriarcale e razzista che sta travolgendo i governi di molti Paesi del mondo, generando insoddisfazione, aizzando rancore verso i meno fortunati, creando un clima di insofferenza e odio verso il "diverso", che sia omosessuale, migrante, donna, appunto.
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Far sentire la propria voce per dire «siamo qui!», «esistiamo», «noi al nostro posto non ci stiamo!».Dati alla mano, i numeri sono allarmanti: in Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo, quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale, ogni anno vengono uccise circa 200 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Un milione e 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni di età. Un milione di donne ha subito stupri o tentati stupri. Quattrocentoventimila donne hanno subito molestie e ricatti sessuali sul posto di lavoro.
Per un giorno le donne rivendicano il sacrosanto diritto all'autodeterminazione sui propri corpi e sulle proprie vite. La libertà di qualsiasi soggetto di esprimere e vivere la propria sessualità, la propria spiritualità e la propria cultura senza paura.
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