"Ecstasy & Oracles": le opere dell'artista fiammingo Jan Fabre alla Valle dei Templi di Agrigento
Una delle sculture dell'artista fiammingo Jan Fabre
È inquadrata nei Collateral Events di Manifesta 12 la mostra "Ecstasy & Oracles" di Jan Fabre, che fino a domenica 4 novembre rimarrà esposta in due diverse location: il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento e il Complesso Monumentale dei Benedettini di Monreale (leggi qui la mostra a Monreale).
Curata da Joanna de Vos e Melania Rossi, "Jan Fabre, Ecstasy & Oracles" è una mostra nata dalla collaborazione tra MondoMostre e le istituzioni siciliane, nello specifico la Diocesi di Monreale, quella di Agrigento e il Parco archeologico della Valle dei Templi.
L'esposizione coinvolge sia l’aspetto spirituale e sacrale del Duomo di Monreale che la spiritualità greca pagana, grazie a una selezione di opere in possesso di una stratificazione simbolica che fa riferimento a tutti i simboli precristiani ripresi poi dalla religione cattolica.
I lavori esposti sono cinquanta, realizzati fra il 1982 e il 2016: sculture in cera e in bronzo, disegni, film che documentano performance e mosaici di cangianti corazze di scarabei. Nel parco archeologico di Agrigento vi sono le opere più spettacolari, una serie di lavori di varia natura dislocati lungo la Via sacra in omaggio all'antica Akragas.
Il Tempio della Concordia è l'ambientazione scelta per la proiezione su cinque grandi schermi di una performance che rievoca il dono profetico di Cassandra e i responsi divini della Pizia. Sempre ad Agrigento, nei diversi siti, sono esposti disegni, video di performance e sculture, di queste ultime molte riprendono il tema della tartaruga, simbolo di immortalità e di saggezza.
Jan Fabre, artista di Anversa che si ispira ai grandi maestri fiamminghi, ha scelto come alter ego sin dai suoi esordi lo scarabeo. Questo insetto è antico simbolo di metamorfosi e passaggio tra la vita e la morte.
Basti pensare a certe scultura funeraria classica o al genere pittorico della vanitas, a cui Fabre è particolarmente legato e a cui fa costantemente riferimento, non abbandonando mai l’amore per i grandi maestri fiamminghi.
Curata da Joanna de Vos e Melania Rossi, "Jan Fabre, Ecstasy & Oracles" è una mostra nata dalla collaborazione tra MondoMostre e le istituzioni siciliane, nello specifico la Diocesi di Monreale, quella di Agrigento e il Parco archeologico della Valle dei Templi.
L'esposizione coinvolge sia l’aspetto spirituale e sacrale del Duomo di Monreale che la spiritualità greca pagana, grazie a una selezione di opere in possesso di una stratificazione simbolica che fa riferimento a tutti i simboli precristiani ripresi poi dalla religione cattolica.
I lavori esposti sono cinquanta, realizzati fra il 1982 e il 2016: sculture in cera e in bronzo, disegni, film che documentano performance e mosaici di cangianti corazze di scarabei. Nel parco archeologico di Agrigento vi sono le opere più spettacolari, una serie di lavori di varia natura dislocati lungo la Via sacra in omaggio all'antica Akragas.
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Vicino ai templi di Giunone e Zeus, s'incontrano due sculture in bronzo a grandezza naturale, "L'uomo che dirige le stelle" del 2015 e "L'uomo che dà il fuoco" del 2002, dove l'artista si autoritrae come un Prometeo contemporaneo che sfida le leggi della fisica, del tempo e degli dei, nel tentativo di proteggere la fiamma dell'arte destinata a forgiare la storia futura del mondo.Il Tempio della Concordia è l'ambientazione scelta per la proiezione su cinque grandi schermi di una performance che rievoca il dono profetico di Cassandra e i responsi divini della Pizia. Sempre ad Agrigento, nei diversi siti, sono esposti disegni, video di performance e sculture, di queste ultime molte riprendono il tema della tartaruga, simbolo di immortalità e di saggezza.
Jan Fabre, artista di Anversa che si ispira ai grandi maestri fiamminghi, ha scelto come alter ego sin dai suoi esordi lo scarabeo. Questo insetto è antico simbolo di metamorfosi e passaggio tra la vita e la morte.
Basti pensare a certe scultura funeraria classica o al genere pittorico della vanitas, a cui Fabre è particolarmente legato e a cui fa costantemente riferimento, non abbandonando mai l’amore per i grandi maestri fiamminghi.
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