Arte visiva e sonora a Palazzo Belmonte Riso: in mostra "Archeologia dello sguardo" di Rossella Leone

Il suo lavoro, in cui indubbiamente riflette il suo essere architetto, spazia dalle arti visive al teatro, con installazioni, azioni scenico-musicali, performances, scene e costumi realizzati per importanti produzioni di teatri lirici sia in Italia che all'estero.
Nelle opere di Rossella Leone, siano esse pittorici o scultoree, in carta, pietra, resina o vetro, emerge sempre il forte rapporto tra arte e architettura, a cominciare dal corpo stesso dell'opera.
Nucleo concettuale della mostra "Archeologia dello sguardo", a cura di Bruno Corà, è la riflessione sulla deriva e sulla perdita dell'uomo contemporaneo come individuo e come società, a scapito della natura, dell'ambiente e della sua stessa crescita intellettuale e sentimentale.
Per comprendere appieno il complesso lavoro dell'artista, bisogna spingersi nei diversi cicli sviluppati: dalle grandi pitture introspettive sul tema della deliberata "Caduta", alle "Partiture afone", dai "Talami" ai grandi "Muri" e ai "Canopi urbani", fino alle opere più recenti che affondano nell'estetica dell'orrore, scaturita dalle drammatiche vicende della contemporaneità.
Le opere di Leone scavano nel passato più remoto per sviluppare il continuo rapporto con il presente. Nelle partiture afone, realizzate in carta o marmo, la ripetizione e le vibrazioni chiaroscurali prodotte da forme e rilievi, creano un ritmo percettivo assimilabile ad una vera partitura musicale.
Partitura afona, che soltanto la percezione visiva del singolo fruitore, può trasformare in intima sonora musicalità. Non di rado compositori hanno lavorato in parallelo con Rossella Leone in azioni scenico-musicali come Paolo Aralla o hanno tradotto sue partiture afone in musica come Thierry Bongarts Lebbe.
Il lavoro sviluppato negli anni da Rossella Leone, in sintonia con le tematiche affrontate e il suo personale linguaggio espressivo, delinea una vera e propria estetica dell'orrore che nutre e forgia quotidianamente lo sguardo e tutti i sensi del fruitore, fino a insinuarsi morbosamente nel cervello.
L'installazione "Fedra", del ciclo dei "Talami", alludono al mito ma in realtà affondano nel travagliato femminile di sempre. Così anche nell'installazione "Ercole che uccide l'amazzone" - dell'omonima metopa selinuntina del Museo Archeologico Salinas di Palermo - riprodotta in serie come giocoso e variegato elegante souvenir, si impone nell'installazione "Living".
La mostra è corredata da un catalogo con un testo critico del curatore Bruno Corà, Salvatore Silvano Nigro e Franco Rella.
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