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Si dice che le sue acque fossero salutari: dov'è in Sicilia la "fonte dell'indemoniata"

La descrizione che ne dà Amari connota la costruzione con le caratteristiche tipiche, in versione molto semplificata, delle maestranze musulmane nell'Isola

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 26 febbraio 2024

La piccola Cuba a Palermo

In Sicilia, malgrado le distruzioni e le trasformazioni che hanno subito molte architetture musulmane rimangono ancora alcune strutture, databili tra i secoli che vanno dalla conquista araba nel IX secolo fino alla fine della dominazione normanna del XII secolo, che testimoniano l’eredità dell’architettura arabo-normanna.

A pochi chilometri dalla città di Palermo, nell’antico villaggio dell’Emiro (Menzel el Emir) odierno comune di Misilmeri, oltre al più rappresentativo Castello, presumibilmente fatto costruire da Yūsuf detto Giafar II, ottavo emiro della dinastia kalbita che regnò sulla Sicilia a partire dal 998 fino al 1019, c’è un’altra presenza architettonica altrettanto significativa che rappresenta l’impronta della cultura araba nel territorio della Valle dell’Eleuterio, testimoniata da una piccola cuba.

Questo piccolo chiosco, di chiara derivazione culturale islamica, si pone al margine dell’antico asse viario che collegava Palermo ad Agrigento, identificabile come piccolo posto di ristoro, eretto probabilmente come vasca di raccolta e decantazione dell’acqua proveniente da una sorgente limitrofa, un invaso di derivazione nevralgico delle campagne esterne all’antico centro abitato.
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La sua datazione incerta, non è corredata da fonti alcune ad eccezione della consolidata tradizione storiografica che addebita al periodo dell’emirato di Siqilliyya la radicale ristrutturazione del sistema irriguo nei grandi e piccoli centri e soprattutto nei territori extra urbani, sulla spinta dell’intensiva politica agricola promulgata e garantita dalla esperta maestria idraulica dei muqanni locali, oltre che dalla maturazione di tradizioni più antiche provenienti dagli altri territori islamici.

La cuba che attualmente è sepolta in parte sotto una frana, viene descritta anche dallo storico Michele Amari, quando egli stesso si reca in sito nel maggio 1870: “… .

Nei pressi della Cannita, si incontrava sulla destra, chi andando da Villabate a Misilmeri, lungo lo stradale ha oltrepassato il borgo di Portella di Mare, ed arrivando al sommo dell’erta dal quale poi si scende nella valle del fiume Eleutero… .

È fabbricata sopra un dado, nel quale si entra dalla parte dello stradale per un arco molto aguzzo eppur si piccolo che un uomo deve chinarsi per passarvi. L’acqua, oggi assai scarsa, scaturisce in fondo ed è condotta per un canale artificiale in una pila di sasso, al margine dello stradale. Questo poi è basso e discosto 8 metri...".

La dettagliata descrizione oculare di Amari, connota la costruzione con le caratteristiche tipiche, anche se in una versione molto semplificata, prodotte dalle maestranze musulmane presenti in Sicilia.

Gli edifici presentano caratteristiche architettoniche peculiari che rimandano al mondo arabo: la sobria geometria dei volumi, l’accuratezza del paramento murario, l’eleganza delle quattro aperture spesso incorniciate e, infine, la sfericità. della cupola, il cui esempio più noto è rappresentato dalla Piccola Cuba di Palermo, ma anche dalle Cube di Vicari e Mineo, oltre che in altre meno note Cube delle contrade alcamesi.

La prima notizia storica e curiosa della cuba misilmerese, ad oggi ancora da verificare, ci perviene invece dal viaggiatore arabo-andaluso Ibn Gubayr che sostando la notte del 15 dicembre 1184 presso il castello di Quar Sa’d racconta della vicina sorgente d’acqua termale detta ʽAyn-al- maǵnūnah - la Fonte dell'indemoniata o spiritata (verosimilmente soprannome derivante dalla presenza di fumi e odori penetranti che dalle viscere della terra la sorgente emanava), famosa per i benefici salutari che vi si acquisivano e da dove vi accorrevano pellegrini da ogni parte della Sicilia.

Proprio la tipologia di "qubbât" riconosciuta dal viaggiatore arabo sembra rispecchiare le istanze funzionali e simboliche della maggior parte degli esempi siciliani conosciuti, in quanto legati al culto antropico dell’acqua e della sua diffusione quadripartita; veri e propri piccoli templi dedicati al mito del paradiso in terra, Jannat al-ard, tema molto radicato nella comunità arabo-siciliana medievale.
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