CURIOSITÀ
Lo chiamavano "il segretario", fondò Il Cairo: chi fu il (temibile) Giafar siciliano
Uno dei più grandi conquistatori del Nord Africa sconosciuto ai più. Nato a Ragusa diede le origini alla città capitale dell'Egitto tantissimi anni fa. Ecco la sua storia
Il Giafar siciliano (Ai)
Il suo completo era Abū al-Ḥasan Jawhar ibn ʿAbd Allah, ma era soprannominato anche "il segretario" (kātib), o il bizantino (Rūmī). Jawar era legato a un gruppo di siciliani non-arabi (i suoi antenati erano probabilmente cristiani, greci ortodossi) che erano stati deportati come schiavi dall'Emirato di Sicilia alla città tunisina di Qayrawan, che all'epoca faceva parte dei domini del grande califfato fatimide.
I Fatimidi furono la dinastia più importante di tutta la storia dell'Islam. Si stabilirono da principio nell'attuale Ifriqiya (odierna Tunisia) ma successivamente il loro regno si sarebbe esteso fino alla Sicilia e a gran parte del Nord Africa.
Nel 953 lo schiavo Jawhar fu liberato dall'Imam al-Mu'izz li-din Allah (Il Glorificatore della religione di Dio) e ben presto iniziò la sua scalata sociale, diventando un membro di fiducia della corte e ricoprendo impegni di grande importanza.
Nel 959 venne nominato comandante in capo dell'esercito e nello stesso anno intraprese con successo la conquista di numerose province del Maghreb.
Nel mese di febbraio del 969, Jawhar, che era ormai considerato insostituibile, venne incaricato di conquistare l'Egitto, allora sotto il controllo degli Ikshishidi (governatori per conto degli Abbasidi).
In poco tempo, senza grandi difficoltà, si impossessò sia della città di Alessandria che della città di Al-Fustat. Si distinse, perché vietò ai propri soldati di commettere ogni genere di violenza e di razzia sulla popolazione civile, in cambio assegnò grandi ricompense ed onori.
Per quattro anni fu governatore dell'Egitto e si fece molto apprezzare per l’atteggiamento aperto e tollerante. Il giorno stesso della conquista di Al-Fustat, il 6 giugno 969, Jawhar tracciò il progetto di una nuova città al-Qāhira (la città attuale del Cairo) e procedette alla sua fondazione e alla costruzione del castello.
Nel 970 iniziò l'edificazione della moschea e università teologica.(l’Università del Cairo è dunque fra le più antiche e prestigiose nel mondo arabo e ancora oggi, dopo la rifondazione a inizio novecento, presiede alla formazione della maggior parte degli imam di tutto il mondo). Il condottiero fece anche costruire un palazzo (Il Palazzo dell'Est) per accogliere il califfo.
Il 22 giugno del 972 la moschea fu consacrata e aperta al culto e il 10 giugno 973 tutto era pronto per l’arrivo del califfo al-Muʿizz li-Dīn Allāh, che vi trasferì la sua capitale.
Nel 970 Jawhar aveva cominciato con la conquista della Siria; ma nel 972 i Siriani attaccarono l'Egitto: il generale riprese il comando riuscendo a sconfiggerli. Jafar il siciliano morì il 28 gennaio 992; aveva superato gli 80 anni e - si dice – sia stato sepolto vicino alla moschea da lui fondata.
La sepoltura tradizionalmente indicata come "la tomba di Jawhar" è visitabile, ma la questione è controversa e c’è chi sostiene che essa appartenga in realtà a uno schiavo turco di nome Amir Jawhar Qanqabali.
Nella targa commemorativa posta nel 2019 per memoria del 1050° Anniversario della fondazione della città del Cairo nel centro storico di Ragusa, si legge: "La vita e le opere di Jawar-al-Siquilli sono simbolo della fratellanza storica che lega il nostro popolo dall’altra parte del Mediterraneo, il mare che non ci separa ma ci unisce".
Il testo è scritto in italiano e in arabo. Anche la scrittrice Reem Bassiouney, in un’intervista rilasciata all’Espresso, nel maggio 2024, ha affermato: “Io non scrivo solo di egiziani o di arabi, ma di esseri umani.
In particolare la trilogia fatimide, che ha vinto il premio, parla di un italiano, anzi di un siciliano. Di una persona portata a vivere in Egitto dalle circostanze della vita e della storia e che ha contribuito a costruire l’Egitto (…) La storia la scrivono gli esseri umani, non la nazionalità o la provenienza di ciascuno di loro.
E penso che la forza dell’Egitto sia stata storicamente proprio la capacità di abbracciare persone diverse, dar loro la possibilità di prosperare, di costruire, di fare la differenza".
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