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La vedi sempre ma non sai che specie è: ha la Sicilia nel nome ed è famosa nel mondo

Questa pianta è circondata da miti e leggende che la legano a fasti di antiche epoche storiche. Dove cresce e qual è la sua storia per cui oggi si chiama così

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 4 febbraio 2025

Un esemplare di Carlina Sicula

Famosa per essere una delle piante più facili da trovare nelle campagne siciliane, la Carlina sicula è tra le Asteracee – piante note anche come Composite – più conosciute e famose in assoluto, anche al di fuori dei confini della nostra isola.

Tipica pianta erbacea dell’Europa meridionale e in particolare delle coste del Mediterraneo, questa specie è infatti stata studiata ed utilizzata a partire dal Medioevo, periodo in cui veniva usata come ingrediente medicinale.

Un uso che ha contribuito a far nascere diverse leggende, ancora oggi alquanto affascinanti. Si narra infatti che Carlo Magno, re dei Franchi e primo imperatore del Sacro romano impero, ne avesse richiesto grandi scorte, per contrastare una terribile pestilenza che stava colpendo il suo esercito svernate nei pressi di Roma, diversi anni prima che la corona imperiale venisse collocata sopra la sua testa.

Sfortunatamente, però, il grande re compì un terribile errore, scambiando la Carlina sicula per un’altra specie, più rappresentativa del nord Europa, la Carlina acaulis, che disponeva al suo interno il principio attivo che serviva ai suoi soldati ammalati.
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Sempre secondo la leggenda, messa per iscritto da Jacopo Teodoro Bergzabern secoli dopo la sua prima diffusione nel Vecchio Continente, a consigliare l’imperatore sarebbe stato un angelo in sogno e il suo errore gli provocò un grande astio nei confronti di Dio, che si sarebbe risolto solo quando un suo erborista personale gli spiegò la differenza fra queste due specie.

Dolendosi di essersi adirato con Dio invano, Carlo Magno avrebbe allora diffuso – per rimediare – le conoscenze corrette sull’uso medicinale delle due specie nel suo impero. Da questa storia deriverebbe inoltre l’origine stessa del nome del genere (Carlina, appunto), proposto dal botanico aretino Andrea Cesalpino agli inizi del 1500.

Altre storie invece affermano che le popolazioni alpine erano abituate già prima del Medioevo a usare la Carlina sicula come igrometro, visto che le brattee esterne dei suoi fiori si chiudono all'arrivo della pioggia e si riaprono con il Sole.

Lasciando le leggende ai vecchi libri di storia e tornando alla biologia della pianta, questa specie è grande fino ad un massimo di 90 cm e ha un ciclo biologico perenne. Le sue radici sono molto lunghe, consentendogli di aderire bene al terreno. Per questa ragione è estremamente difficile tentare di strappare una di queste piante dal suolo.

I suoi petali bianchi inducono inoltre molte persone a scambiarla per una strana margherita endemica, il cui frutto è un achenio che presenta il tipico pappo che favorisce la dispersione tramite il vento.

I suoi impollinatori sono invece delle farfalle e delle falene, con qualche sporadico imenottero (api e vespe) intento a visitare la sua corolla durante la tarda primavera.

Relativamente alla sua distribuzione sull’Isola, questa specie è più presente in Sicilia occidentale, mentre il suo areale si spinge fino in Egitto, dove c’è una fiorente popolazione nei pressi del delta del Nilo. Attualmente se ne conoscono tre sottospecie: la Carlina sicula subsp. Sicula, che è quella più diffusa in Italia, la Carlina sicula subsp. Mareotica, che si trova invece in Libia e in Egitto, e la Carlina sicula var. longibracteata, anch’essa endemica della Sicilia, ma molto più rara.

Per quanto riguarda la sottospecie egiziana, è probabile che abbia raggiunto l’Africa in epoca antica, a seguito dei fiorenti commerci greco-romani-cartaginesi fra la Sicilia, la moderna Tunisia e l’Egitto.
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