"Montagne di sale": le opere di Mimmo Paladino in mostra a Gibellina
Spazio all'arte durante le "Orestiadi di Gibellina": dal Museo Civico Ludovico Corrao di Gibellina arrivano le opere di Mimmo Paladino per l'esposizione "Trenta cavalli neri e una montagna di sale".
La montagna di sale di Mimmo Paladino viene realizzata come scenografia nel 1990 per "La Sposa di Messina" o i fratelli nemici tragedia di Friedrich Schiller, per la regia di Elio De Capitani, alle Orestiadi di Gibellina del 1990.
«La montagna sarà di sale, il sale che dà sterilità alla terra come le parole senza eco su a Gibellina. Penserò ai cavalli come ti annunciai, saranno neri senza ombre come il nero o i campi siciliani bruciati in agosto lì in centro senza una casa o un albero»: così l’artista scriveva al regista dell'opera durante le fasi preparatorie.
Con il suo lavoro l'artista dà vita ad un’autonoma opera d’arte, che paradossalmente va oltre la stessa rappresentazione teatrale per la quale era stata realizzata. L'opera comprende trenta cavalli neri, che dominano un giardino zen, realizzato con ghiaia arata, che fuoriescono da una montagna di sale alta 15 metri.
La montagna ai piedi del grande Cretto risulta di grande impatto visivo ed emotivo e viene collocata nel cortile del Baglio Di Stefano nel 1995 in occasione della mostra "Nutrimenti dell'Arte" a cura di Achille Bonito Oliva e da allora diventa uno dei simboli più significativi del progetto di ricostruzione della città voluto da Ludovico Corrao e dalla sua gente.
L’opera realizzata per confrontarsi con le rovine della vecchia città e il Cretto di Burri, guarda oggi dalle colline di contrada Salinella la "Nuova Gibellina". Il sale che la ricopriva è stato sostituito da un manto di calce bianca.
La montagna di sale di Mimmo Paladino viene realizzata come scenografia nel 1990 per "La Sposa di Messina" o i fratelli nemici tragedia di Friedrich Schiller, per la regia di Elio De Capitani, alle Orestiadi di Gibellina del 1990.
«La montagna sarà di sale, il sale che dà sterilità alla terra come le parole senza eco su a Gibellina. Penserò ai cavalli come ti annunciai, saranno neri senza ombre come il nero o i campi siciliani bruciati in agosto lì in centro senza una casa o un albero»: così l’artista scriveva al regista dell'opera durante le fasi preparatorie.
Con il suo lavoro l'artista dà vita ad un’autonoma opera d’arte, che paradossalmente va oltre la stessa rappresentazione teatrale per la quale era stata realizzata. L'opera comprende trenta cavalli neri, che dominano un giardino zen, realizzato con ghiaia arata, che fuoriescono da una montagna di sale alta 15 metri.
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Trenta cavalli con una ambigua testa di ariete, che non appaiono nella loro interezza, ma per parti, frammenti. Paladino immagina la sua scena come una grande scultura-ambiente, capace di accogliere il movimento degli attori. Il contrasto tra il bianco del sale e il nero dei cavalli caratterizza l'opera, l'aridità del sale e il fuoco catartico che brucia i cavalli.La montagna ai piedi del grande Cretto risulta di grande impatto visivo ed emotivo e viene collocata nel cortile del Baglio Di Stefano nel 1995 in occasione della mostra "Nutrimenti dell'Arte" a cura di Achille Bonito Oliva e da allora diventa uno dei simboli più significativi del progetto di ricostruzione della città voluto da Ludovico Corrao e dalla sua gente.
L’opera realizzata per confrontarsi con le rovine della vecchia città e il Cretto di Burri, guarda oggi dalle colline di contrada Salinella la "Nuova Gibellina". Il sale che la ricopriva è stato sostituito da un manto di calce bianca.
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