L’arte di Enzo Indaco: introspezione e comunicazione con il mondo
“Antologica 1958-2017” è la personale di Enzo Indaco di alto valore storiografico, a cura di Ornella Fazzina in collaborazione con Carmela Cirinnà, esposta al Convitto delle Arti Noto Museum in Corso Vittorio Emanuele 91, a Noto.
Un’accurata selezione di opere pittoriche, documentata da reportage fotografici e scritti critici relativi a un sessantennio di straordinaria attività del celebre artista di Paternò.
Il percorso artistico di Enzo Indaco è lungo e intenso: a cavallo tra gli anni ’50 e i ’60 è tra i precursori della Land Art in Italia; all’inizio dei ’70 esplora il mondo della pittura utilizzando esplosioni di colori caldi tipici dei paesaggi isolani. Di seguito il picchettìo dei pennelli, il punteggio delicato, l’uso dei pastelli e il figurativo morbido attraversano la sua creatività.
Negli anni ’90 l'apparente stasi dell'artista rappresenta un momento di grande riflessione, che va a sfociare all’inizio del nuovo millennio nel recupero del culto mitologico e rituale della terra siciliana. Un’idea assoluta di comunicazione artistica profonda con se stesso e verso l’altro da sé.
«I lavori - coglie attentamente Carmela Cirinnà - si collocano come un mondo ideale di fronte ad un mondo reale: lo trascendono, lo purificano, lo ricreano mitizzandolo e rendendolo perciò più certo. La pittura è densa di richiami e di suggestioni dove la luce è così carica di significato e così concentrata di sentimento da risultare sempre insostituibile [...]».
Un’accurata selezione di opere pittoriche, documentata da reportage fotografici e scritti critici relativi a un sessantennio di straordinaria attività del celebre artista di Paternò.
Il percorso artistico di Enzo Indaco è lungo e intenso: a cavallo tra gli anni ’50 e i ’60 è tra i precursori della Land Art in Italia; all’inizio dei ’70 esplora il mondo della pittura utilizzando esplosioni di colori caldi tipici dei paesaggi isolani. Di seguito il picchettìo dei pennelli, il punteggio delicato, l’uso dei pastelli e il figurativo morbido attraversano la sua creatività.
Negli anni ’90 l'apparente stasi dell'artista rappresenta un momento di grande riflessione, che va a sfociare all’inizio del nuovo millennio nel recupero del culto mitologico e rituale della terra siciliana. Un’idea assoluta di comunicazione artistica profonda con se stesso e verso l’altro da sé.
«I lavori - coglie attentamente Carmela Cirinnà - si collocano come un mondo ideale di fronte ad un mondo reale: lo trascendono, lo purificano, lo ricreano mitizzandolo e rendendolo perciò più certo. La pittura è densa di richiami e di suggestioni dove la luce è così carica di significato e così concentrata di sentimento da risultare sempre insostituibile [...]».
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