"Frammenti": il Grande Cretto di Burri negli scatti fotografici di Dario Guarneri
Il fotografo Dario Guarneri
A cinquant'anni dal terremoto che distrusse Gibellina, Dario Guarneri torna a fotografare il Grande Cretto di Burri, sudario steso a memoria di quel drammatico evento. La mostra, dal titolo "Frammenti", è allestita presso la Galleria Fiaf dell'Arvis - Associazione per le arti visive in Sicilia che ha sede a Palermo, in via Giovanni Di Giovanni 14.
A queste fotografie l'autore accosta, in un inedito rapporto, un'altra serie fotografica realizzata in studio e raffigurante dei corpi.
Scrive il critico Pippo Pappalardo, che presenta la mostra: «C’è sottesa ma evidente, l’idea che occorra pur sempre muovere la nostra riflessione da un frammento, da una piccola parte, da qualcosa di finito per capire, “comprendere”, il senso dell’unità, di un tutto filosofico, di un infinito.
E allora il singolo gesto fotografico - che taglia lo spazio, il tempo e la loro memoria - si riafferma come l’utile retorica (allegoria, metafora, metonimia, fate voi) della riflessione sotto i vostri occhi.
E sarebbe piaciuta al pittore/scultore umbro la contaminazione operata dal nostro Autore allorquando il corpo muliebre - raccolto, celato, sezionato, inquadrato, in frammenti di una virtuale unità - è, qui, fotograficamente accostato e proposto per raccogliere e convenire su un’intuizione dell'artista: anche la vitalità, la bellezza, distaccate dalla loro matrice, conserveranno la memoria di quell’origine.
E se la frammentazione avesse origini da un capriccio? Beh, allora, il gesto fotografico si farà archeologica ricerca di quell’armonica ricomposizione. E a chi insisterà sulla separazione, sui distacchi e sulle frammentazioni, gli ricorderemo l’equazione, fisica-matematica, di Paul Dirac».
A queste fotografie l'autore accosta, in un inedito rapporto, un'altra serie fotografica realizzata in studio e raffigurante dei corpi.
Scrive il critico Pippo Pappalardo, che presenta la mostra: «C’è sottesa ma evidente, l’idea che occorra pur sempre muovere la nostra riflessione da un frammento, da una piccola parte, da qualcosa di finito per capire, “comprendere”, il senso dell’unità, di un tutto filosofico, di un infinito.
E allora il singolo gesto fotografico - che taglia lo spazio, il tempo e la loro memoria - si riafferma come l’utile retorica (allegoria, metafora, metonimia, fate voi) della riflessione sotto i vostri occhi.
E sarebbe piaciuta al pittore/scultore umbro la contaminazione operata dal nostro Autore allorquando il corpo muliebre - raccolto, celato, sezionato, inquadrato, in frammenti di una virtuale unità - è, qui, fotograficamente accostato e proposto per raccogliere e convenire su un’intuizione dell'artista: anche la vitalità, la bellezza, distaccate dalla loro matrice, conserveranno la memoria di quell’origine.
E se la frammentazione avesse origini da un capriccio? Beh, allora, il gesto fotografico si farà archeologica ricerca di quell’armonica ricomposizione. E a chi insisterà sulla separazione, sui distacchi e sulle frammentazioni, gli ricorderemo l’equazione, fisica-matematica, di Paul Dirac».
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