"Il Misantropo" di Molière: la commedia del drammaturgo francese riletta sul palco del Teatro Libero

Una scena dello spettacolo "Il Misantropo" della compagnia Il Mulino di Amleto
Nato nella solitudine e nella crisi delle pièces di "Don Giovanni" e de "Il Tartuffo", censurate e non esibite, e per la depressione e la malinconia per l'abbandono della moglie, il "Misantropo" di Molière è una commedia eccezionale che arriva al Teatro Libero di Palermo dal 7 al 9 marzo.
Inquadrato nella stagione artistica #Inoltrarsi del Teatro Libero di Palermo, lo spettacolo che va in scena è quello rivisto e prodotto dalle compagnie Il Mulino di Amleto e Tedacà di Torino, in collaborazione con La Corte Ospitale – residenze artistiche 16-17. La traduzione, la regia e l'adattamento sono di Marco Lorenzi.
Sul palco gli attori Fabio Bisogni, Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Marco Lorenzi, Federico Manfredi, Barbara Mazzi, Raffaele Musella raccontano la vicenda di Alceste e del suo sforzo intransigente di andare oltre l’apparenza ci riconnette con il valore umano della comprensione.
Lo spettacolo mira a svelare tutta la contemporaneità di un grande classico: è stato scritto che per fare il Misantropo ci vogliono "una stanza, sei sedie, tre lettere e degli stivali" e infatti il Misantropo non ha bisogno di forme, semplificazioni o "istruzioni per l’uso".
La sua essenza è limpida, contemporanea e dolorosa. Il Misantropo siamo noi con la nostra costante difficoltà di incontrare l’altro di cui, però, non possiamo fare a meno. Insomma, il Misantropo è quello che siamo.
Inquadrato nella stagione artistica #Inoltrarsi del Teatro Libero di Palermo, lo spettacolo che va in scena è quello rivisto e prodotto dalle compagnie Il Mulino di Amleto e Tedacà di Torino, in collaborazione con La Corte Ospitale – residenze artistiche 16-17. La traduzione, la regia e l'adattamento sono di Marco Lorenzi.
Sul palco gli attori Fabio Bisogni, Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Marco Lorenzi, Federico Manfredi, Barbara Mazzi, Raffaele Musella raccontano la vicenda di Alceste e del suo sforzo intransigente di andare oltre l’apparenza ci riconnette con il valore umano della comprensione.
Lo spettacolo mira a svelare tutta la contemporaneità di un grande classico: è stato scritto che per fare il Misantropo ci vogliono "una stanza, sei sedie, tre lettere e degli stivali" e infatti il Misantropo non ha bisogno di forme, semplificazioni o "istruzioni per l’uso".
La sua essenza è limpida, contemporanea e dolorosa. Il Misantropo siamo noi con la nostra costante difficoltà di incontrare l’altro di cui, però, non possiamo fare a meno. Insomma, il Misantropo è quello che siamo.
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