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Al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo il "Premio nazionale di giornalismo Mario e Giuseppe Francese"

Balarm
La redazione

Mario Francese

L'impegno professionale e civile nella ricerca della verità. Verità che si fa memoria, da trasmettere alle nuove generazioni. È questo il filo conduttore del "XXIII Premio nazionale di giornalismo Mario e Giuseppe Francese", in programma giovedì 6 febbraio dalle 10 al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo, giorno in cui il cronista di giudiziaria del Giornale di Sicilia, ucciso dalla mafia il 26 gennaio del 1979, avrebbe compiuto 95 anni.

Nello Scavo, giornalista di Avvenire, e Umberto Santino, fondatore nel 1977 del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, sono i due vincitori del Premio Mario Francese che quest’anno si è sdoppiato. Ma questa edizione ha coinvolto ben 16 istituti superiori siciliani impegnati in un esercizio di memoria attraverso il moderno linguaggio dei cortometraggi.

Un modello di giornalismo, espressione di un impegno civile sostenuto dalla forza dell’autonomia professionale, ha spinto la commissione del premio a scegliere Nello Scavo, cronista e reporter di guerra di “Avvenire” che, dall’autunno scorso, vive sotto scorta per i risultati di una sua inchiesta sul traffico di migranti nel Mediterraneo. Scavo è riuscito a svelare la presenza del trafficante di esseri umani Abd al-Rahman al-Milad, meglio conosciuto come Bija, all’incontro di Mineo in Sicilia nel 2017 tra autorità italiane e libiche, per arrivare ad un accordo e bloccare le partenze di profughi. Ha svelato gli interessi criminali dei grandi trafficanti di uomini, ha documentato le brutali condizioni umane in cui sono costretti a vivere, e non sempre a sopravvivere, migliaia di disperati nei campi di detenzione libici.

A Umberto Santino la commissione ha riconosciuto l’impegno di una intera esistenza dedicata alla memoria, intesa sia come lotta per assicurare giustizia e verità contro l’impasto politico-mafioso, sia come studio e riflessione continua per l’affermazione del principio della verità storica. Essenziale il suo contributo, offerto con numerosi testi adottati anche nelle università, per l’analisi della mafia e dell’antimafia, con ricerche sulla borghesia mafiosa, su violenza mafiosa e impresa mafiosa, su mafia finanziaria e su mafie e globalizzazione.

Tullio Filippone, giovane collaboratore di Repubblica, è stato invece scelto per il Premio Giuseppe Francese. Filippone ha portato a galla la storia della professoressa Rosellina Dell’Aria, che sarà presente in teatro, sospesa per 15 giorni dall’Ufficio scolastico provinciale con l’accusa di non avere vigilato su un lavoro dei suoi studenti, che avevano accostato i decreti sicurezza alle leggi razziali.

Cronista di nera di grande coraggio, abituato a vivere in prima linea sul territorio, Gaetano Scariolo ha ricevuto la menzione speciale di questa edizione. Il giornalista siracusano, per i suoi articoli pubblicati sul Giornale di Sicilia, è diventato un personaggio scomodo e per questo ha subito l’incendio dell’automobile. Corrispondente oggi dell’agenzia Agi e del sito Blogsicilia, Scariolo fa della presenza sul territorio e della denuncia costante il proprio lavoro quotidiano.

Momento centrale della cerimonia, condotta dai giornalisti Lidia Tilotta e Luigi Perollo, è l’incontro dibattito con i premiati, il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Verna, i componenti della Commissione del Premio Gaetano Savatteri, Giulio Francese, figlio di Mario e presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Felice Cavallaro, inviato del Corriere della Sera, Salvatore Cusimano, direttore Rai Sicilia, Franco Nicastro, componente della giunta dell’Ordine nazionale e Riccardo Arena, consigliere dell’Ordine regionale.

Il premio è organizzato dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia in collaborazione con Libera, l’associazione Uomini del Colorado e con la sezione siciliana del Centro Sperimentale di cinematografia-Scuola nazionale di Cinema. Nel corso della cerimonia, infine, viene proiettato un video che svela un aspetto di Mario Francese sconosciuto ai più. Quello più intimo, familiare, quello che lo ha visto nella seconda metà degli anni Settanta presidente del Consiglio d’istituto della scuola Marconi, frequentata dai suoi figli.
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