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Vive fino a 500 anni e i suoi frutti hanno proprietà benefiche: il carrubbo, tra storia e leggende

Tra miti, leggende e racconti fatti dai nonni il carrubbo è stato un albero dai frutti importantissimi e spesso indispensabili essendo chiamati “pane di San Giovanni”

Balarm
La redazione
  • 12 agosto 2021

Le carrubbe sull'albero

Anche se non doveste conoscerlo, se per caso vi troverete sotto le sue fronde lo riconoscerete per l’inconfondibile sentore dato dai suoi particolari frutti.

Stiamo parlando del carrubbo, un albero sempreverde dall’aspetto maestoso (arriva anche all‘altezza di 10 metri), che vive fino a 500 anni, e trova il suo habitat naturale in terreni rocciosi e calcarei con climi caldi.

È per queste caratteristiche, nonostante non sia un arbusto originario dell’Isola, che qui in Sicilia il carrubbo ha trovato una casa accogliente e, nonostante oggi sia quasi dimenticato, rientra tra le colture più antiche e apprezzate (ora vi diremo perché).

Originario della Siria, da dove si è diffuso in Europa, Africa Settentrionale, Medio Oriente e Asia Occidentale, oggi viene coltivato soprattutto in Spagna, Portogallo, Africa e in alcuni Paesi del Medio Oriente e anche nel sud dell’Italia.

Tra miti, leggende e racconti fatti dai nonni il carrubbo è stato un albero dai frutti importantissimi e spesso indispensabili essendo chiamati “pane di San Giovanni”.
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Il suo nome deriva dall’arabo “kharrūb” che significa “carato”, probabilmente perché si riteneva che il seme delle carrubbe avessero sempre lo stesso peso (1 quinto di grammo) e perciò era possibile usarle per pesare l’oro e le pietre preziose.

Secondo la leggenda, il santo si sarebbe nutrito di questa pianta durante i lunghi periodi di ascesi nel deserto. Senza scomodare, però, santi e libri sacri la testimonianza riportata dai nostri nonni che in periodi di grosse restrizioni economiche generati dalla guerra, si nutrirono (anzi sfamarono in alcuni casi) di carrubbe è sufficiente a dar credito alle leggende, oggi sostenute anche dalla scienza.

La carruba - il frutto dell’omonimo albero che presenta foglie grandi e spesse di colore verde scuro, lucido, e in estate produce numerosi fiori rossastri (ma solo le piante femminili fruttificano) - appartiene alla stessa famiglia dei legumi, quella delle Fabaceae e al genere Ceratonia.

Si presenta sotto forma di baccelli indeiscenti, verdi, (che diventano marrone scuro a maturità) lunghi circa 15 cm e contenenti semi durissimi, rotondi e piatti, commestibili (previa lavorazione).

Ha a suo vantaggio l’alta presenza di fibre e polifenoli che abbassano i livelli di colesterolo nel sangue; è anche un coadiuvante nelle diete dimagranti grazie al fatto che crea un senso di sazietà. Sono inoltre un alimento astringente, antiemorragico, antiacido, antisecretivo gastrico.

La polpa delle carrube ha un sapore dolciastro, simile a quello del cacao, in più è priva di glutine e quindi versatile per le preparazioni dei celiaci.

Se nell’antichità, soprattutto tra le stradine delle campagne, si vedevano grandi e piccini con in bocca uno di questi bastoncini marroni (erano un po’ le caramelle non raffinate per i bambini) oggi le carrubbe si trovano solo in supermercati selezionati, anche sotto forma di prodotti trattati (come farine o zuccheri).

Delle trasformazioni artigianali quella che mantiene salda la sua posizione, nel mercato e tra le conserve familiari, c’è di sicuro la caramella carrubba, piccoli quadratini realizzati ancora in maniera artigianale che, oltre ad addolcire un momento della giornata, sono un toccasana per i malanni da raffreddore.

Anche l’infuso di carrube, come rimedio officinale, viene usato per calmare la tosse, contro il mal di gola e per schiarire la voce, uso che ne facevano i cantanti lirici fino al secolo scorso.

Ma l’infuso è anche una bevanda tipica del Ramadan semplice da preparare che va bene per tutti: basta lasciare in acqua fredda le carrube spezzate per un paio d’ore.

Ne viene fuori una bevanda dolcissima che si beve dopo il tramonto e che reintegra zuccheri, liquidi e sali perduti durante il digiuno rituale.
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