ITINERARI E LUOGHI
È sul mare, rivestita di sassi e conchiglie: la storia della cappella a due passi da Palermo
Un santuario su cui si intrecciano racconti diversi, tra devozione e passione. Negli anni tante coppie sono passate da qui per una foto o per offrire il bouquet di nozze
Cappella di Santa Rosalia a Trabia (foto di Carlo Rodolico)
Facciamo un salto a Trabia, piccolo comune incastonato tra Altavilla Milicia e Termini Imerese, per scoprire un santuario, frutto della devozione per la santa, di un amore per una donna o, forse, nato semplicemente “per mettere pace”.
Come sempre le storie siciliane sono farcite di tante sfumature e possibili versioni, noi proviamo a raccontarvene almeno un paio.
«Sul mare di Trabia c’è un santuario piccolo, fatto di pietre di grotta tutte in splendidi colori», così Giuseppe Sunseri, poeta trabiese, descriveva la piccola cappella di Santa Rosalia, che sorge su un promontorio proprio lì dove si trovava il porticciolo, centro della vita non solo economica del borgo.
Posto appena sotto il paese, in contrada Molara, dalla pietra con cui si fabbricavano le macine dei mulini, a partire dal 1904 sarebbero iniziati i lavori per questo piccolo santuario.
Ciò che si è generato è stato un vero e proprio legame virtuale con il santuario della patrona di Palermo, su monte Pellegrino, ben visibile da questo scoglio.
Devozione sì, ma non solo alla santa... la moglie di don Turiddu infatti era la bella Rosalia Rancadore, figlia di una famiglia benestante del piccolo paesino. Il padre, Ignazio Rancadore, era proprietario terriero e coltivatore di frutta, soprattutto di nespole, prodotto tipico locale.
Turiddu e Rosalia si sposarono quando lui tornò dall’America, dove era emigrato anni prima, e decise di aprire a Trabia un mulino e un pastificio.
A quel punto potè anche metter su famiglia, così prese moglie e con lei ebbero ben sei figli, quattro maschi, tutti emigrati in America per far fortuna, e due femmine. Pare che Rosalia fosse una donna dal piglio deciso, per cui non stupisce che in questa famiglia matriarcale la donna sia stata celebrata attraverso la costruzione della cappella, completata intorno al 1920.
Tutto iniziò con la morte del padre della donna, fu a quel punto che Rosalia e suo fratello Gaetano ereditarono quel bel pezzo di terra che si estendeva dal castello di Trabia fino al mare, terminando in quell’ambito scoglio.
Nel frattempo, uno dei figli di Turiddu e Rosalia, Ignazio proprio come il nonno materno, avendo fatto fortuna in America, inviò al padre del denaro così che potesse smettere di lavorare.
A quel punto, Turiddu Gurgiolo si trovò abbastanza schiffarato e, con il permesso del cognato Gaetano Rancadore, decise di dedicarsi alla costruzione di una cappella nella parte di terreno che la moglie aveva ereditato.
Qui si apre l’ipotesi numero due: pare che il promontorio, proprio per la sua visuale, fosse ambitissimo da due donne, Rosalia moglie di Turiddu e sua cognata, moglie di Gaetano, forse anche lei col nome di Rosalia.
A questo punto non vi verrà difficile comprendere che i due uomini, per evitare le guerre in famiglia, avessero preferito optare per la costruzione del santuario...in questo modo, lo scoglio fu donato a tutta la comunità trabiese, e utilizzato per fare feste, processioni e passeggiate, un punto di aggregazione per il piccolo borgo.
Tutto ciò effettivamente è successo, e negli anni tante sono state le coppie giunte lì per una fotografia o per offrire il bouquet di nozze.
Più di recente, da circa dieci anni, la pro loco locale ha “adottato” questo scorcio, così ogni anno, in occasione della ricorrenza sacra della santa del 4 settembre, viene celebrata una messa e poi si dà il via ai festeggiamenti con tanto di gruppi folk e pupari.
Che ci siano stati o meno “mali discorsi” tra le due Rosalia, ammesso che una seconda Rosalia sia esistita, poco cambia nell’importanza che questo luogo ha acquisito per tanti.
Un luogo del cuore «vicino o mari» come canta il cantautore trabiese Salvatore Taormina, che nel video del suo brano mostra in più momenti la cappella. Il progetto decorativo della struttura, unicum nella zona, è stato proprio di don Turiddu, e rappresentò anche un’occasione attraverso la quale aiutare economicamente la povera gente del paesino.
La cappella è rivestita di sassi marini e conchiglie che i pescatori reclutati andarono a raccogliere, insieme ai loro figli, alla Tunnariedda, una località di mare nei pressi di Termini Imerese, vicino al fiume San Leonardo. Al suo interno invece, stalattiti e stalagmiti provenienti dalle vicine grotte marine della zona in prossimità del castello Lanza.
Tutto intorno alla cappella è stata realizzata un’area con dipinti e mosaici incorniciati da ciottoli di mare e poi in epoca più recente, sulla scogliera è stata aggiunta un statua che rappresenta un pescatore e richiama l’attenzione per i suoi colori vivaci.
Di sicuro quello per la realizzazione della cappella votiva, che ha al suo interno anche una statua della santa, è stato un lavoro paziente e certosino nato dall’amore e che ha reso incantevole lo scoglio. Oggi la cappella che sorge sullo "scoglio di Santa Rosalia" o "punta pescatore", per come è stato ribattezzato, è ancora di proprietà privata.
È Rosamaria Gattuccio, nipote di Salvatore Gurgiolo, figlio minore di don Turiddu e Rosalia Rancadore, l’attuale proprietaria e custode non solo di un luogo ma della memoria storica di questa famiglia. Una storia tutta siciliana fatta di amori, devozioni, arte, lavoro e passione.
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