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Se in Sicilia piove quando non dovrebbe: siccità record (finora) e i rischi in primavera

La siccità che sta colpendo la nostra regione è molto più dura e marcata rispetto a quella del 1977, considerata dagli esperti la più grave del Novecento

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 11 gennaio 2024

La nostra regione sta passando uno dei momenti più difficili e aridi dei tempi recenti e com’era auspicabile già dai primi studi inerenti agli impatti del cambiamento climatico, a risentirne maggiormente sono gli agricoltori come tutti gli ecosistemi fluviali e delle zone umide.

Andando infatti a seguire gli annali idrologici, questo inverno appena iniziato risulta essere fra i più secchi fra quelli registrati.

D’altronde si proviene dall’anno più caldo di sempre, il 2023, e da diversi mesi di carenza pluviometrica su tutto il territorio regionale. Secondo il servizio informativo agrometeorologico siciliano (SIAS) , mai in Sicilia le precipitazioni erano state infatti così scarse – quantomeno nel secondo semestre dell'anno e per tutto l’autunno.

La siccità che sta colpendo la nostra regione è infatti molto più dura e marcata rispetto a quella del 1977, considerata dagli esperti la più grave che colpì la Sicilia durante il Novecento.
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Fortunatamente, affermano gli esperti, la situazione viene mediata anche con le straordinarie piogge di maggio e giugno 2023, che ci permettono ancora di disporre alcune risorse idriche d’emergenza.

Il fatto però che queste piogge siano arrivate verso la fine della primavera, impattando su alcune coltivazioni, non fa altro che dimostrare quanto il cambiamento climatico sia in atto e quanto rischiamo di trovarci fra qualche anno con gli invasi vuoti e i campi deserti.

Per capire la situazione tragica, basta farsi un giro tra i campi o spingerci a visitare gli invasi artificiali o le aree umide della nostra isola.

Per quanto riguarda quest’ultime, molte sono in secca e gli ecologi che li monitorano sono preoccupati per la sopravvivenza della flora e della fauna per cui sono un rifugio. Il mese di dicembre ha d’altro canto fatto registrare un accumulo pluviometrico medio stimato in 30 mm e sono stati solo 5 i giorni considerati piovosi.

Non tutte le province tuttavia hanno subito lo stesso trend pluviometrico. A risentirne maggiormente infatti sono state le provincie interne della Sicilia, mentre la costa tirrenica ha goduto di un maggior numero di giorni piovosi della media, in genere tra 6 e 9 giorni.

Tra le stazioni della Sias, il massimo accumulo mensile di pioggia è stato registrato per esempio dalla stazione pluviometrica di Naso, in provincia di Messina, con i suoi 130 mm di pioggia raccolti in 8 giorni, mentre il massimo accumulo giornaliero è stato registrato giorno 15 Dicembre a Termini Imerese, in provincia di Palermo, con i suoi 33 mm di pioggia.

Queste differenze ovviamente seguono anche le caratteristiche geologiche e metereologiche della regione, affermano gli esperti.

La costa tirrenica è più piovosa perché le montagne delle Madonie, dei Nebrodi, del palermitano e dei Peloritani intercettano l’umidità proveniente dal mare, facendola condensare nelle nubi. Anche però la fascia tirrenica è in sofferenza, per via del cambiamento climatico. Tutte le stazioni pluviometriche siciliane, ad eccezione di Pantelleria, hanno infatti registrato accumuli inferiori alla norma del periodo. E il futuro sembra particolarmente incerto.

I meteorologi non sanno infatti quando comincerà a piovere regolarmente né sanno prevedere come saranno le condizioni meteorologiche della prossima primavera, ovvero se avremo un perdurare della siccità o cominceremo a disporre di settimane di pioggia molto intensa.

Bisogna inoltre anche ricordare che queste piogge primaverili violente e improvvise possono arrecare molti danni al territorio, come successe l’anno scorso in Emilia Romagna.

Non sempre dunque il ritorno delle piogge, dopo un periodo siccitoso, può essere considerato come un fenomeno positivo. Con la perdita della copertura forestale dovuta dagli incendi sulle montagne del palermitano, il pericolo rappresentato dalle piogge risulta infatti ancora maggiore, poiché potenzialmente agente scatenante di frane e piccole colate di fango.

Le radici delle piante che un tempo coprivano le montagne di Palermo come di Cefalù e di altre aree colpite dalle fiamme andavano infatti a trattenere gli strati superficiali di suolo, ora non più protetti dall’azione corrosiva del flusso delle piogge.

Un altro schermo protettivo di cui possiamo vantarci di aver perso.
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