ECCELLENZE
Quel sorso che inebria il palato: un tuffo a Pantelleria, la perla nera dei vini dolci
Il vino, simbolo dell’isola, è presente anche nella mitologia mediterranea e il passito è tutto da scoprire in ogni periodo dell'anno, anche solo per meditare
Un bicchiere di passito di Pantelleria (foto Francesca Landolina)
La pratica di allevamento dello Zibibbo, uva autoctona pantesca, fa parte di quell’agricoltura eroica che strappa la terra alle avversità micro e pedo-climatiche estreme, la coltura prevede che una cavità venga scavata nel terreno affinché la vite trovi riparo dalle asperità dell’isola, rifugio che come in un grembo materno le consentirà di crescere robusta per dare i suoi frutti. Lo stelo principale della vite viene successivamente potato con cura per produrre sei rami, formando il tipico cespuglio con una disposizione radiale.
Un nettare denso dei profumi e delle suggestioni dell’isola che solo nel 1971 ha ottenuto la DOC Pantelleria dedicata alle vinificazioni dell’isola: Moscato di Pantelleria, Passito di Pantelleria, Pantelleria-Moscato spumante, Pantelleria-Moscato dorato, Pantelleria-Moscato liquoroso, Pantelleria- Passito liquoroso, Pantelleria-Zibibbo dolce e Pantelleria-Bianco, anche Frizzante.
Più di tutti è nell’appassimento che la civiltà pantesca tramanda il suo sapere, che sia in pianta con una surmaturazione o nei graticci, i grappoli di Zibibbo continuano a maturare al sole divenendo ricchi di sostanze come gli zuccheri che si concentreranno rendendo naturalmente dolce l’acino, un’intensità che si riverserà nel calice insieme ai ricchi sentori di agrumi, mandorle, miele, frutta disidratata.
I dolci lievitati e secchi della tradizione pasquale sono l’abbinamento perfetto per il Passito di Pantelleria: la Colomba, la Cassata nelle sue infinite varianti, le modicane Mpanatigghie, le Cudduri catanesi; ma il Passito è eccezionale anche da solo.
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