ATTUALITÀ
Perdona, bambino. Qui la tua festa non si festeggia
Fare i capricci, bagnare il letto, sbucciarsi il ginocchio, costruire un razzo, rincorrere farfalle, imparare le tabelline. Dovremmo "imparare ad impararvi"
Tanti auguri, bambino mio. Oggi è la tua festa.
No, tesoro. Non è il tuo compleanno. Ma qualcosa di simile, dopo tutto, perché no? Del resto è il 20 novembre: la Giornata Mondiale per i Diritti dell’Infanzia. Una data particolare sul calendario del pianeta, sai? Una specie di compleanno, dici bene. Il compleanno dei vostri diritti, dei diritti di tutti i bimbi come te, come il tuo cuginetto Alessandro, come la tua amica Maya, come i tuoi compagni di scuola e tutti gli altri bambini del mondo. Che vivano in Cina, in Inghilterra, in Sudafrica o qui a Palermo.
Quanti anni hanno, mi chiedi, i vostri diritti? Ne compiono esattamente 23: perché il 20 novembre del 1989, bambino mio, a New York, dall’altra parte de mondo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (che è formata da tanti signori, uno per ciascun paese del mondo…o quasi) ha approvato una legge speciale. Che si chiama “Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia”. E sai perché si chiama così? Perché è di voi che parla. Dei vostri diritti. Della vostra salute. Della vostra felicità. Ed è per voi bambini, per tutti i bambini del mondo, che è stata inventata e applicata: pensa, non c’è confine oltre il quale questa legge speciale non venga rispettata. O dovrebbe. Perché purtroppo non tutti i bambini sono tutelati e protetti, tesoro, e al contrario ancora subiscono abusi, violenze, fame, miseria, guerra e morte. Come quelli di Gaza, si. E come tanti altri. Troppi.
Eppure è proprio tutto scritto, sai? Nero su bianco. Tutti i Paesi che firmano questa Convenzione si impegnano (solennemente, dici? Si, solennemente) ad applicarla nel proprio territorio e a modificare le proprie leggi perché in nessun caso la legge dei bambini venga violata. Che significa calpestata. Ignorata. Aggirata. Insomma qualunque cosa succeda, la legge speciale che protegge i bambini deve essere sempre rispettata. Si, tesoro, come la Charizard dei Pokemon: è la “carta” più potente. Almeno sulla carta, se mi perdoni il gioco di parole.
Beh si, hai ragione: come ogni compleanno che si rispetti, anche questo va festeggiato. E mica solo dai bambini, eh. Dovremmo festeggiarlo tutti, soprattutto noi grandi. Dal momento che voi siete, per l’appunto, troppo piccoli per capire bene fino in fondo come si fa, tocca a noi il compito più difficile.Vuoi sapere qual è?
Tanto per cominciare imparare ad impararvi. È vero, detto così fa un po’ ridere. Suona sgrammaticato. Ma se ci pensi essere bambini vuol dire un sacco di cose. Dai, prova a dirne qualcuna tu. Fare i capricci, certo. Bagnare il letto, si, capita. Sbucciarsi il ginocchio in bicicletta, ne sai qualcosa anche tu. E poi? Poi costruire un razzo Lego per atterrare sulla Luna. Rincorrere farfalle. Imparare le tabelline. E la proprietà invariantiva della sottrazione. Ahia. E poi? Correre al parco, saltare tra le aiuole, spingere l’altalena, soffiare candeline, mangiare le verdure, sporcarsi con il didò, disegnare Capitan Uncino, scoprire dove vanno le formiche d’inverno, aspettare Babbo Natale (sì, tesoro, anche quello). E poi? Andare in bici con mamma e papà. Camminare tutte le mattine per andare a scuola. Fare i tuffi dallo scoglio alto. Sognare il mostro della muffa e piangere nel buio. Diventare un pompiere.
Vedi bambino mio, quante cose significa essere quello che sei tu? Talmente tante, che noi grandi spesso le dimentichiamo. E allora avremmo bisogno di studiarle, di impararle a memoria, per non dimenticarle mai. E conoscervi meglio. Così sapremmo di cosa avete bisogno per crescere sani, felici, sicuri. Per diventare grandi, anche voi. E tutte queste cose vanno inventate. Oppure migliorate, se non funzionano bene. Come la scuola.
A proposito, ti piace, la tua scuola? Già. Hai ragione. Sarebbe bello, se avesse un giardino più grande e più verde. E se non piovesse dentro la palestra. E se invece di ricevere una volta al mese nello zaino la monoporzione di carote rinsecchite del progetto europeo sull’alimentazione sana nella scuola, a scuola tu potessi pranzare ogni giorno. Un pranzetto sano, leggero e semplice, ma in una mensa scolastica vera. Tempo pieno, si chiama. E no, voi non ce l’avete quasi più.
Oppure la città. Ti piace la tua città, bambino mio? Come darti torto. Ah, sì? Dici che se potessi camminare in ginocchio accanto a te, per la strada, tenendoti per mano, me ne accorgerei? Di cosa? La puzza delle auto. Le loro ruote che ti sbarrano il passaggio sul marciapiedi. Le aiuole spazzatura. I giochi tutti rotti, ai giardinetti. Le case troppo alte…e la strada troppo vicina. Che a volte ti manca il cielo da guardare. Non ci avevo pensato. Sai, i grandi spesso pensano per conto loro. E quando pensano a quello che conta, come l’inquinamento, lo smog, il traffico, i mezzi pubblici, le piste ciclabili, l’ambiente, la cultura e così via, lo fanno come se restassero in piedi. Dall’alto delle loro altezze adulte, i grandi non si ricordano dei più piccoli.
A Palermo? Beh, bambino mio, devo darti una brutta notizia. A Palermo oggi la tua festa non si festeggia, no. Almeno così sembra. Ho sfogliato i giornali, ho curiosato su Internet, ho chiesto un po’ in giro: nessun evento speciale, per l’occasione. In fondo lo vedi tu stesso, no? Me lo hai appena raccontato: la tua città, così com’è, non ti piace granché. Ogni tanto riesce a parlare la tua lingua, a offrire qualche evento pensato apposta per te, per voi, ma è raro.
Vuoi sapere perché? Beh, forse perché Palermo, a viverci dentro, non ha quasi niente di ciò che farebbe felice un bambino. Forse non ci ha mai pensato nessuno, chissà, non ci abbiamo pensato abbastanza, ed è ovvio che la colpa è tutta nostra. Di certo c’è che Palermo prova a diventare smart e a misura di tecnologia e di futuro ma intanto non è nemmeno a misura di bambino. Potrebbe chiedervelo, dopotutto. Potrebbe dirvi: cari bambini, mi presento, sono la vostra città. Come mi vorreste da domani? Sono sicura che ne avreste, di idee da suggerire.
In alcune città d’Italia e del mondo è stato fatto, sai, e si continua a fare con successo. Ci sono sindaci e assessori che con l’aiuto delle scuole interpellano i bambini, prima di prendere decisioni importanti. Ci sono bambini che possono partecipare ad alcune scelte sedendosi al Consiglio Comunale Junior, proponendo iniziative e votandole proprio come fanno i grandi. Ci sono città che periodicamente si interrogano su cosa fare, e come farlo, per i piccoli cittadini (passivi, ma pur sempre cittadini), che siete voi, e non soltanto nel settore della scuola, ma in tutto: dall’edilizia all’ambiente e alla cultura. Ci sono città che pensano ai bambini, e si ricordano di voi. Il 20 novembre di ogni anno, per esempio. Ma anche in tante altre occasioni. Lo fanno progettando musei. Organizzando festival. Ridisegnando i percorsi urbani. Adottando politiche specifiche per la famiglia. Perché la città siamo noi: chi governa, e chi è governato, insieme. Ma anche grandi e piccoli, insieme.
In fondo la vostra legge speciale (proprio quella che festeggiamo oggi) lo dice chiaro e tondo: i bambini hanno diritto di essere ascoltati in tutto ciò che li riguardi, e a esprimere opinioni, anche se non possono prendere decisioni. E sai cosa? Hanno diritto a dire la loro anche sulle leggi fatte dai grandi. E i grandi hanno l’obbligo di pensare sempre alle conseguenze che le loro leggi avranno sui più piccoli. Non si direbbe, eh?
Come dici, tesoro? Già, hai avuto proprio una bella idea: bisognerebbe che i grandi, quando pensano, si mettessero in ginocchio. Anche a Palermo. Magari lo chiediamo a Babbo Natale, quando passerà da qui. Nel frattempo tanti auguri, bambino mio.
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