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La solidarietà ai tempi del Coronavirus: noi siciliani a Milano ci aiutiamo col panaro

«Dovrei stare a casa, non potrei uscire» e in poche ore al suo appello rispondono molti siciliani emigrati che convivono con la paura di ritrovarsi senza aiuto in zona rossa

  • 10 marzo 2020

Un artigiano durante la creazione di ceste in vimini "U panaru" (foto Pixbay)

«Non ti preoccupare, Vincenzo. Se tu dovessi stare male, ti comprerò e ti porterò io le medicine. Cala u panaru! Non siamo soli».
È questo uno dei tanti commenti che sabato mattina, nel giro di poche ore, si sono susseguiti sotto un'idea, un appello, un invito lanciato su un gruppo facebook dal suo amministratore: quella di fare rete tra siciliani migranti a Milano per aiutarsi durante il periodo di allerta-Coronavirus.

L'invito – rivolto quindi a tutti i siciliani che vivono a Milano e nei paesi limitrofi – è di tendersi la mano, di supportarsi a vicenda proprio nel periodo che sta mettendo a dura prova chi ha scelto di migrare per motivi di lavoro e che si è ritrovata ad essere delimitata come “zona rossa”.

Davanti a una situazione del genere, davanti a un virus che in Lombardia si diffonde sempre di più (portando la regione ad essere la prima in Italia per numero di contagi) i siciliani migranti non devono fare i conti solamente con il problema sanitario, ma anche con un secondo: quello di essere da soli.
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Ma si è soli a Milano? Nella città più moderna, più europea e più “business” di Italia?

«Si, è così, e lo dice chi vive qui da vent'anni», scrive Vincenzo Alonge, amministratore del gruppo “Siciliani in esilio a Milano” e originario di Raffadali, in provincia di Agrigento.

«Senza voler creare allarmismi, ho pensato di utilizzare il gruppo come supporto per chi in città è solo, come me. Purtroppo penso sempre che anche io potrei ammalarmi, può capitare a chiunque. E mi sono chiesto: nel caso in cui dovessi contrarre la malattia nella forma più leggera, chi mi aiuterebbe anche solamente per comprare una confezione di medicinali in farmacia?

Dovrei stare a casa, non potrei uscire. La mia idea quindi è quella di fare rete con i componenti del gruppo. Di fare sinergia con chi è disposto a mettersi in gioco per la nostra piccola comunità virtuale. E – soprattutto - per dare una mano a chi è da solo».

In poche ore al suo appello hanno risposto in molti: siciliani emigrati che, come Vincenzo, convivono con la paura di ritrovarsi senza aiuto, di non poter contare su nessuno neppure per avere un po' di spesa.

C'è chi si rende disponibile da Bresso, chi da Como, chi da Cormano, chi da Rho, chi da Pioltello. E tutti sono disposti a spostarsi da una parte all'altra della metropoli o dell'hinterland, pur di dare una mano. E c'è chi risponde all'appello anche da Peschiera Borromeo.

«Ragazzi grazie mille – continuano i commenti sul gruppo – così ci si sente meno soli!».

Ma la paura di non avere supporto non alberga solamente tra chi vive in Lombardia senza parenti e familiari: c'è anche tra chi in questa regione ha messo su famiglia, dopo aver lasciato la Sicilia. «Io e mio marito siamo a disposizione di tutti – scrive Katia – ma la mia paura più grande è: se ci dovessimo ammalare sia io che lui, se ci dovessero ricoverare, chi si potrà occupare dei miei due figli di 12 e 7 anni? Con chi li lascio? Questo è il mio più grande incubo».

Anche in questo caso, però, una mano viene tesa da chi fa parte del gruppo Facebook. «Mi rendo disponibile come babysitter, come badante o per qualsiasi altra necessità», scrive Antonio che in questa situazione di emergenza si è anche reso disponibile come volontario per il Comune di Milano.

E tra un commento e l'altro, appare la fotografia di un panaru: «Ragazzi, se dovessi stare male non vi chiederei di certo di entrare in casa mia – tiene a precisare Vincenzo che approfitta del momento per ironizzare un po', per far ritrovare il sorriso anche da dietro uno schermo – Vi calerei u panaru».

Ed ecco quindi il link alla pagina-prodotto di Amazon. «Sì, muniamoci tutti di panaru» è la risposta dei migranti siciliani.

Un modo per sdrammatizzare, quindi, ricordando una vecchia – e forse in alcuni luoghi ancora usata – modalità siciliana di portare la spesa da casa in casa.

Un modo per condividere i ricordi d'infanzia e della propria terra, che è poi lo spirito con cui è nato nel 2014 questo gruppo: fare incontrare chi è a Milano, creare legami veri tra chi è “in esilio”. «Ho chiamato il gruppo Siciliani in esilio a Milano perché molti di noi sono qui per lavoro e non di certo perché volevano stare lontano dalla loro Terra. Una sorta di esilio volontario, quindi, ma anche obbligato».

E in questi anni, grazie al gruppo virtuale sono anche nate concrete amicizie. «Ci ritroviamo spesso fuori per cena, organizziamo degli incontri e sono nati legami profondi – conclude Vincenzo ricordando che – non appena tutto sarà finito, organizzeremo una mangiata di quelle memorabili!».
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