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L'Etna è maschio o femmina: l'Accademia della Crusca ci svela finalmente la verità

La diatriba sul genere dell’Etna riflette la lingua siciliana e la sua cultura, un sistema complesso e, talvolta, imprevedibile. La risposta dell'Accademia della Crusca

Viviana Ragusa
Graphic designer
  • 16 ottobre 2024

L'Etna

Se pensate che la diatriba tra "arancina" e "arancino" sia l'unica battaglia linguistica a infiammare la Sicilia, vi sbagliate di grosso.

Tra i vulcani attivi più imponenti d'Europa, l'Etna non è solo protagonista di eruzioni spettacolari, ma anche di una questione grammaticale: è maschio o femmina?

A fare luce su questa diatriba non poteva che intervenire l'Accademia della Crusca, sempre pronta a sedare i conflitti più spinosi (o, in questo caso, caldi e fumanti).

In alcune zone della Sicilia, infatti, l’Etna è chiamato al maschile, “u Mungibeddu” (il bel monte), mentre in altre parti è femminile, “a Muntagna” (la montagna, appunto). Ma come si fa a mettere d’accordo tutti?

Secondo l'Accademia della Crusca, la questione è tutt’altro che semplice, ma la risposta risiede nell’uso comune.

La parola "Etna" deriva dal greco Αἴτνη, che proviene dal verbo αἴθω (bruciare), probabilmente per associare il nome alla forza degli elementi naturali. Tuttavia, l’Etna non è solo una montagna, ma è un’entità possente, imponente, quasi paterna, come se solo un “maschio” potesse eruttare con tanta energia e proteggere al tempo stesso i suoi abitanti.
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In base alla soluzione proposta dal linguista dell’Accademia Enzo Caffarelli, entrambi i generi sono corretti, la scelta dipende dal contesto e dall'uso locale.

«Il nome di origine araba con cui fu individuato nel Medioevo, "Mongibello", era maschile, per il primo elemento formante, "mons" abbinato alla voce araba "gebel" (monte) - spiega il linguista - Ma da secoli, poi, nel dialetto e nelle tradizioni popolari della Sicilia orientale, l’Etna è “A Muntagna” per antonomasia, dunque femminile».

La finale in "-a" giustificherebbe la tendenza a considerare il vulcano come un'entità femminile. D’altronde, i catanesi la chiamano “a Muntagna” o "Mamma Etna", trattandola come un genitore amorevole e accogliente.

L'italiano standard, al contrario, preferisce attenersi alle regole grammaticali e reputare l'Etna un "masculo", in quanto vulcano.

Nessuna delle due alternative è sbagliata. È un po’ come dire che l'Etna ha un carattere “gender fluid”, capace di adattarsi a chi lo nomina e alle emozioni che suscita.

Insomma, non c’è una regola rigida che stabilisca se l'Etna debba essere trattato come maschio o femmina. È un po' come il vulcano stesso, mutevole, in costante evoluzione, capace di sorprendere tutti in qualsiasi momento.

Per chi preferisce il maschile, il vulcano rappresenta la forza, la potenza e il rigore della natura; per chi lo chiama al femminile, invece, diventa simbolo di fertilità, abbondanza e protezione materna.

In fin dei conti, la diatriba sul genere dell’Etna riflette la lingua siciliana e la sua cultura, un sistema complesso, ricco di sfumature e talvolta imprevedibile.

Quel che è certo è che, durante i suoi periodi di attività, l'Etna incanta sempre con la sua energia spettacolare.
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