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In Sicilia c'è un antico lavatoio (segreto): per scoprirlo devi scendere 4 metri sottoterra

Un gioiellino nascosto, quasi invisibile, perché situato in un ipogeo raggiungibile grazie a una scala a chiocciola dove vi accoglie un’atmosfera quasi spirituale

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 2 settembre 2023

L'antico lavatoio dell'Isola di Ortigia

Lo scroscio d’acqua della fonte Aretusa fa da eco romantico all’Isola di Ortigia, ricordando a chi è in visita il mitico abbraccio fra la ninfa protetta da Artemide e Alfeo.

Questo, in superficie, alla vista di chi costeggia la fonte. Ciò che invece accade nelle profondità dell’isola è altra storia; anzi, altra magia.

A pochi passi dalla fonte, in direzione Lungomare Alfeo compreso nel quartiere Maniace con rovine medievali, esiste un gioiellino celato alla vista: l’antico lavatoio. Quasi invisibile, perché situato in un ipogeo raggiungibile varcando la soglia di un ristorante dove, una volta entrati, basterà chiedere del luogo.

“Fluttuando” sul pavimento in vetro vi sarà indicata una scala a chiocciola. Lasciato alle spalle l’ultimo gradino, a 4 metri di profondità dalla strada, troverete ad accogliervi un’atmosfera quasi spirituale: due vasche d’acqua grandi e centrali e due più piccole scavate nella roccia.
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Probabilmente risalenti all’epoca classica per il taglio della pietra simile a quello delle latomie, le tipiche cave in pietra e marmo della città di Siracusa usate come carceri in epoca greca.

L’antico lavatoio, a oggi, con strettoie e cubicoli da percorrere senza perdere alcun dettaglio si presenta immutato; fatta eccezione per alcuni complementi d’arredo come fontane e statue collocate nel luogo dai proprietari dell’attività, al fine di renderlo più caratteristico.

La sua funzione originaria era quella di conceria dei cuoiami (detta Cannizzo -Bellomia), attività di pazienza e maestria diffusa fra la comunità ebraica, entrata poi in disuso nel 1600 e sostituita da quella di lavatoio pubblico (dal 1700 fino al 1945); e seguita infine dall’allevamento di anguille e dalla macerazione dei lupini.

L’umidità in questo luogo artificiale rende perfettamente l’atmosfera che si respirava al suo interno dove oggi, così come allora, ci pensa l’acqua nelle vasche a rompere un silenzio che sarebbe solenne.

E proprio l’acqua, rigorosamente dolce proveniente dalla fonte Aretusa, da falde acquifere e da sorgenti dell’isola rendeva possibile le attività che si sono susseguite nel tempo. Essa proveniva da piccoli meati naturali, allargati in qualche punto a brevi cunicoli, e poi scaricava in mare tramite una vasca usata come canale di deflusso. Ma l’acqua non è il solo elemento a rendere suggestivo l’antico lavatoio, perché la struttura ingloba al suo interno alcuni dettagli particolari.

Secondo uno studio condotto dallo studioso Cristoforo Cavallari e dallo storico d’arte Enrico Mauceri il luogo, all’origine, era semiaperto e la parte che precede la discesa al lavatoio, caratterizzata da una volta in pietra, indicava forse l’accesso via mare al sito. Ciò consentiva alla barche il passaggio e il trasporto di prodotti.

Le particolarità descritte dagli studiosi includono anche la presenza, nella parte aperta all’interno del locale, dell’icona su pietra di una madonna con bambino e una figura con abiti spagnoli, risalente alla fine del 1600 e inizi 1700, con accanto una finestra ormai murata.

Poco più in alto, invece, una pietra levigata e intagliata nella sua parte bassa, era usata come passa corda per prendere l’acqua dal piano stradale esistente in precedenza.

Un luogo, simbolo di antiche attività e tradizioni dell’isola, che merita l’esplorazione e la scoperta anche di alcune incisioni realizzate da militari, con nome e data, probabilmente durante il secondo conflitto mondiale.
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