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Ha progettato le case popolari ma anche il Biondo: è la Palermo dell'architetto Mineo

Nicolò Mineo resta sicuramente una delle personalità di formazione tardo ottocentesca più interessanti e purtroppo ancora troppo poco studiate e conosciute

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 26 febbraio 2022

Edificio D, casa popolari in via Lancia di Brolo progettate da Nicolò Mineo

Giuseppe De Giovanni, Ernesto Basile, Giuseppe Capitò, Giovan Battista Santangelo, Antonio Zanca, sono alcuni degli architetti protagonisti del dibattito progettuale primonovecentesco che a Palermo, in pieno fermento Modernista ed oltre, si confrontano all'interno del tema abitativo con l’edilizia economica e popolare raggiungendo picchi qualitativi ancora oggi capaci di preziose suggestioni e luminosi insegnamenti.

Sono interventi spesso a margine o in prossimità della città storica e del suo Ring attorno alle demolite mura urbiche, retaggio dei fumi distruttivi dei piani urbanistici di matrice Haussmaniana e rappresentano tutti ancora oggi punti notevoli della qualità urbana espressa attraverso linguaggi chiari e coerenti di respiro transnazionale.

Vi sono poi esperienze progettuali di grande impatto distanti dal centro storico come quelle dello stesso Basile in via Cappucini, di Santangelo in via Terrasanta e come quella di Nicolò Mineo (1859 - prima metà del XX secolo) tra le vie Geremia e Lancia di Brolo.
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Qui a due passi dalla Neoclassica Villa Belmonte alla Noce, l'architetto e ingegnere Capo della sezione Idraulica comunale, realizza un composto e compatto edificio residenziale al civico 85, conosciuto anche come “Lotto D” dalla pianta irregolare articolata attorno ad una corte centrale condominiale.

Mineo, già progettista del Teatro Biondo su via Roma (1900-03), della scuola elementare Cavallari di corso dei Mille (1904-07) e di interessanti villini a Mondello come il cottage Dagnino (1914), Giachery (1914) e il villino Ciuppa (1923), sempre distante dal floreale basiliano ed elegantemente protagonista di un eclettismo personalizzato e brillante, realizza qui nel 1926 un edificio di raffinata ed esemplare semplicità ancora una volta affidando alla “pelle d’intonaco” la resa di quelle geometrie bugnate ai primi due livelli che anticipano la piattezza delle superfici dei due livelli superiori, stretti tra le due “torri cantonali” illuminate dall’interessante soluzione perimetrale di grandi finestre semicircolari.

Il raffinato edificio - anch'esso progettato per l’ICP (Istituto case popolari) - che risolve abilmente il lotto irregolare ad angolo tra le due strade convergenti misurandosi con la piccola dimensione urbana circostante, a 4/5 elevazioni fuori terra e coperto con tetto falde inclinate, stupisce per la grande rispondenza tra il suo disegno originario e la configurazione tridimensionale fortemente caratterizzata da un monumentalismo di spiccata aderenza ai dettami compositivi comunque prossimi al Modernismo europeo.

Mineo resta sicuramente una delle personalità di formazione tardo ottocentesca più interessanti e purtroppo ancora troppo poco studiate e conosciute, non resta che auspicare che una maggiore sensibilità sulla nostra grande bellezza urbana sappia suggerirne nuovi e necessari approfondimenti mirati.
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