PROGRESSI (IN)CIVILI
Coronavirus, perché restare a casa: un grafico spiega l'andamento delle infezioni
Io resto a casa è il messaggio che va fatto arrivare ai disobbedienti, a coloro i quali hanno smarrito il senso di collettività e mettono in campo atteggiamenti egoistici
Il grafico sul contenimento delle epidemie
Io resto a casa. Questo è il messaggio che va fatto arrivare ai disobbedienti, a coloro i quali hanno smarrito il senso di collettività e mettono in campo atteggiamenti egoistici tesi a premiare le loro normali abitudini: spieghiamo così l’importanza dello restare a casa.
Visto (da alcune immagini che circolano in rete) che ad alcuni nostri conterranei non è perfettamente chiaro il contenuto del Dpcm, firmato dal presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, provo a spiegarvelo in maniera più elementare, attraverso l’utilizzo di un grafico importantissimo (pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases e condiviso dai Centers for Disease Control and Prevention statunitensi) che disegna l'andamento di una possibile epidemia in due condizioni.
Il grafico in sostanza mostra l’efficacia delle misure di isolamento sociale sul contenimento dell’epidemia. La curva arancione rappresenta il numero di contagi nel tempo che si avrebbero se il virus fosse lasciato libero di circolare, senza che prendessimo nessuna precauzione: Sars-Cov-2, per esempio, si diffonderebbe molto velocemente contagiando in poco tempo un grandissimo numero di persone.
La differenza, insomma, è notevole; lo scenario della curva azzurra per gli esperti è senza dubbio più auspicabile. Ma perché prolungare l’epidemia sarebbe meglio? Non sarebbe più conveniente lasciarsela alle spalle prima? Non si rischia altrimenti di far ammalare più persone?
Le risposte stanno tutte in quella linea rossa tratteggiata sul grafico, che indica la capacità di risposta dei sistemi sanitari nazionali e cioè la disponibilità di posti letto (soprattutto nelle terapie intensive, che in Italia sono circa 5mila) e di personale sanitario. Non si tratta del numero assoluto dei contagi nell’arco di tutta l’epidemia, ma della loro distribuzione nel tempo.
Se tantissime persone si ammalassero e avessero bisogno di assistenza medica contemporaneamente, il sistema sanitario non ce la farebbe ad assistere tutti (finirebbero i posti letto, non ci sarebbero operatori sufficienti a prendersi cura dei pazienti) e ci sarebbero potenzialmente più morti.
Attuando, dunque, con buon senso e responsabilità le raccomandazioni ministeriali, evitando categoricamente gli assembramenti, è possibile rallentare la diffusione del virus dando a chi inevitabilmente si ammalerà maggiori chance di essere curato al meglio.
Il quadro italiano che immagino, dipinto su di una tela, lo vedo come uno Stato-paziente intubato, attaccato al respiratore, sinonimo di una società dispnoica, in evidente insufficienza respiratoria, la cui causa primaria è il virus della strafottenza.
Ciascuno ha l’obbligo civico di assumersi la propria responsabilità: decisori politici, cittadini, tutti. Ognuno è chiamato a fare la sua parte. Vi preghiamo di restare a casa.
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