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Clonazione degli anticorpi buoni per salvarci dal Coronavirus: la tecnica della speranza

I ricercatori stanno lavorando ad una tecnica già conosciuta nell'Ottocento ma con gli strumenti di oggi che consentono di selezionare al meglio l'arma vincente

Balarm
La redazione
  • 24 aprile 2020

foto Pixbay

In attesa del vaccino che potrebbe definitivamente apporre al aparola fine al Coronavirus, gli scienziati di tutto il mondo stanno lavorando notte e giorno alle tecniche più efficaci per contrastare questo insidioso virus denominato Covid-19.

Fra le tante ricerche che si stanno mettendo in campo c'è quella, su cui investe anche il nostro Paese, che prova a riutilizzare il plasma di chi è guarito per ottenere gli anticorpi più validi a sconfiggere il virus.

In realtà, però, non tutti i pazienti guariti hanno sviluppato gli stessi anticorpi e non tutti gli anticorpi sono uguali e potenti allo stesso modo. A questo punto, i ricercatori del Rockefeller University Hospital di New York, riporta la rivista Focus, hanno deciso di selezionare soltanto gli anticorpi migliori per poterli clorane e utilizzare nei pazienti ammalati.

Si tratta, in realtà, di una tecnica che affonda le sue radici nel 1800, periodo in cui iniziò ad essere utilizzata questa tecnica dell'utilizzo del sangue di chi guariva per curare i malati. Oggi chiaramente è tutto sviluppato con le ultimissime tecniche e strumenti a disposizione.
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Trovare però questi anticorpi così potenti è un po' come riuscire a trovare l'ago nel pagliaio, perché le variabili in gioco sono davvero tante e quindi non sarà facile individuare gli anticorpi "definitivi" per la cura del virus, ma ci sono tante buone speranze.

Si parla addirittura di un mese prima che i primi farmaci così sviluppati possano essere testati. Una corsa contro il tempo che potrebbe coprire lo spazio temporale che ci separa dal vaccino.

Ma, come avviene questa ricerca degli anticorpi? «i ricercatori - scrive Focus nel suo articolo - introducono una proteina virale fluorescente nel campione di sangue. Questo tipo di tecnica, ad esempio, è stata usata per malattie epidemiche come la malaria, l'epatite ma anche l'Aids. Speriamo dunque si sia sulla strada giusta.
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