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Studia a Nord, poi torna in Sicilia e crea il "South Working": la scommessa di Elena

Elena e i suoi colleghi vogliono dimostrare scientificamente che lavorare nella propria terra, quando possibile, comporta una maggiore produttività e una immensa felicità

  • 7 luglio 2020

Elena Militello (foto Facebook)

Volendo cinicamente giocare con uno slogan attuale, si potrebbe dire “Meridionale lives matter”. Già, perché anche la vite di chi è nato nel Sud Italia contano eccome. Lo ha capito per prima la ricercatrice palermitana Elena Militello, tra i fondatori di “South Working – Lavorare dal Sud”, un progetto che si pone l’obiettivo di incentivare le aziende italiane ed estere a non costringere i propri dipendenti ad andare in ufficio.

E quale sarebbe la novità in tempi di coronavirus? Semplice, l’idea di Elena e del suo socio Mario Mirabile è che non c’è bisogno di andare al nord o all’estero per lavorare e che si può operare per un’azienda di Milano, così come di Oslo, comodamente seduti su un tavolo a casa propria. Magari nella loro Sicilia, possibilmente guardando il mare.

Niente più novecentesche immagini di famiglie con la valigia di cartone che si trasferiscono, ammassate sulle navi che salpano dal porto, alla ricerca di un lavoro. Niente più scene di coppie che piangono davanti la pensilina di partenza della stazione perché lui o lei devono separarsi in nome della carriera. Niente più adii in aeroporto. Niente più rapporti a distanza che rischiano di arenarsi a causa della distanza stessa.
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Elena ha imparato dal passato della storia e della sua esperienza personale. E non vuole che altri ci ricaschino. Lei, che oggi ha 27 anni, ha lasciato la Sicilia a 17 per studiare Giurisprudenza alla Bocconi di Milano, ha ultimato la pratica forense, si è aggiudicata il dottorato di ricerca tra Como, Stati Uniti e Lussemburgo e infine è stata chiamata in quest’ultimo paese. Eppure pulsava in lei la voglia di Sicilia e di tornare a casa. Il Covid 19 è stato l’uovo di Colombo.

Dopo essere tornata a Palermo, Elena ha deciso che nulla doveva essere più come prima. «Ho scelto di restare in Sicilia, non tornerò più né a Milano né in Lussemburgo, anche se entrambe mi hanno dato tanto. Si può lavorare bene anche da qui, dalla mia terra. Non è necessaria la presenza fisica in ufficio e poi, stando vicino ai miei affetti, mi sento più motivata, più concentrata e quindi rendo meglio».

Da qui l’idea di “South working” che, in collaborazione con la Global shapers, permette di lavorare dalle regioni del sud Italia per aziende sparse nel mondo. Al suo fianco, altri dieci colleghi, che vogliono dimostrare scientificamente che lavorare nella propria terra di origine, quando possibile, comporta una maggiore produttività e una immensa felicità. «In futuro solo viaggi di lavoro o di piacere – conferma la ricercatrice – per spostarsi dalla Sicilia. Altrimenti rischio di perdere troppe cose: la mia famiglia, i miei amici e le mie radici».

Elena sembra farla facile dicendo «per lavorare basta un pc e una connessione a Internet» e la sua idea sembra contrastare con quella di tanti imprenditori e leader politici. Da un lato c’è una parcellizzazione del lavoro estrema, fatta però dal luogo che ami, con la costrizione di restare sempre connessi e senza troppe regole sindacali. Dall’altro c’è il modello classico dell’ufficio fisico, spesso lontano da casa, che ti costringe ad affrontare il traffico stressante della prima mattina e del pomeriggio, ma con orari, diritti e doveri precisi.

Al modello “boomer” Elena risponde con lo stile “smart”, che attraverso South working si sta dotando anche di una carta dei diritti. Chi vincerà lo diranno solo il tempo e la storia. Intanto Elena, anche se presto concluderà il lavoro a distanza col Lussemburgo, ha deciso di restare al Sud, a casa, a vivere.
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