AMBIENTE
Sono coloratissimi, pizzicano e fanno danni: perché i granchi blu "invadono" la Sicilia
Sono capaci di ferirvi con le loro chele affilate ma i danni maggiori li fanno all'ambiente e all'economia per la loro rapida proliferazione. E c'è chi corre ai ripari
Un granchio blu
Appena però ci si concentra sul suo miope sguardo, ecco che le sue chele affilate si stendono verso l’alto, cercando di afferrarvi e di segnalare che in verità non si sta guardando un buffo giocattolo inoffensivo.
Trattasi infatti di un granchio vero e proprio, capace di pizzicarvi con le sue pericolose appendici prensili, così forti che qualche giorno fa hanno condotto persino una bambina in ospedale, a seguito di un taglio che ha necessitato ben 8 punti di sutura.
Il granchio reale blu, noto alla scienza anche come Callinectes sapidus, non arreca tuttavia la maggioranza dei suoi danni, ferendo le persone.
Il problema connesso infatti alla sua rapida diffusione nei mari italiani e siciliani, che sta assumendo in alcune regioni le dimensioni di una vera e propria invasione, si osserva principalmente quando si studiano i suoi effetti sull’ambiente e l’economia, sempre più colpita dalla sua proliferazione.
Questa riserva infatti, con le sue acque salate e un ecosistema unico in natura, risulta essere fra le più recenti vittime dell’espansione di questa specie, almeno per quanto riguarda la nostra isola. Come osservato dai frequenti frequentatori della riserva e dagli stessi abitanti di Marsala, comincia infatti ad essere sempre più facile imbattersi in questi animali, all’interno dello Stagnone.
Una condizione che mette in serio pericolo non solo la salute dei bagnanti e degli stessi cittadini, come dimostra il caso della bambina di sopra, ma anche la sopravvivenza di questo stesso ecosistema.
I granchi blu infatti si cibano di buona parte delle creature microscopiche che sono disperse in acqua, oltre ai bivalvi, agli anellidi e agli avannotti dei pesci, che cercano riparo dalle acque del mare.
I tassi di riproduzione di questa specie sono inoltre così tanto elevati, che una singola femmina può produrre centinaia di migliaia se non milioni di uova all’anno. Ed è da questo che dipende la loro veloce espansione attorno ai nostri mari, come all’interno di altre aree del Mediterraneo, come la laguna veneta.
Divoratrici seriali, consumano buona parte del cibo che in teoria dovrebbe andare alle specie locali e tra le altre cose cominciano anche a creare dei danni strutturali, assaltando le reti da pesca come le reti di contenimento degli allevamenti ittici, presenti nella zona.
Un disastro annunciato, che sta cominciando ad allarmare sempre più persone e biologi del mare. Come però è fatto nello specifico questo animale e da dove viene? Gli esemplari finora pescati in Sicilia misurano fino a 15 cm di lunghezza e 23 cm di larghezza.
Come detto nell’introduzione, presentano un corpo di forma ellittica, che risalta per via del suo forte colore blu. Presentano inoltre due spuntoni ai due lati del corpo, con margine anteriore seghettato, che permettono ai tecnici di differenziarli – insieme al colore - rispetto alle altre specie locali.
Durante il periodo della muta, sull'ultimo paio di zampe, appaiono anche delle macchioline rosa, che col tempo e la maturità sessuale acquistano via via colore, divenendo sempre più rosse.
Sono giunti in Italia dall’Atlantico, tramite l'acqua incamerata per zavorrare le navi. E a partire dal 2008 hanno cominciato a espandersi nel litorale italiano, raggiungendo proprio Marsala nel corso dell’estate del 2020, anno della pandemia.
Qui ha trovato un angolo perfetto dove riprodursi e cibarsi senza sosta, tanto che solo dopo 3 anni la situazione sembra essere divenuta esplosiva.
L’anno scorso infatti è stata segnalata anche in altre province della Sicilia, mentre a partire da quest’anno la sua espansione per la prima volta ha cominciato ad avere risonanza regionale e nazionale, dopo che il governatore veneto Luca Zaia ha segnalato che fino ad agosto 2023 sono state pescate circa 326 tonnellate di granchio blu, nella sola regione da lui amministrata.
Non fatevi però sorprendere da questo numero. In Sicilia infatti c’è chi giornalmente pesca circa 15 kg di granchi blu al giorno, sia per lavoro sia per colpa delle costanti catture indirette.
Fra questi ci sono per esempio i ricercatori, che nel tentativo di studiare alcune testuggini palustri siciliane (Emys trinacris) usano delle trappole che ogni giorno si riempiono di granchi, mentre alcuni abitanti marsalesi - nel tentativo di arginare l’avanzata di questi crostacei – hanno cominciato ad avere l’abitudine di prelevare gli esemplari che è possibile trovare fra le spiagge.
I danni crescenti allo Stagnone profilano però uno scenario alquanto preoccupante, per gli anni a venire. Qualora infatti non si riuscisse a limitare la crescita demografica di queste creature, sarebbero incalcolabili le conseguenze alla fauna e allo stesso ambiente salino dello Stagnone.
Si rischia difatti di veder alterato l’intero equilibrio ecosistemico e socio economico della zona, con la stessa popolazione che sarebbe costretta a convivere forzatamente con i granchi "mordaci", che compiono delle vere e proprie esplorazioni sulla terraferma, di qualche centinaio di metri.
Non a caso in uno degli ultimi Consigli dei ministri il governo italiano ha stanziato 2,9 milioni di euro per la lotta a questo animale. Sono tuttavia diverse le soluzioni che sono al vaglio degli esperti, per limitarne la presenza sull’isola.
Oltre alla pesca per il consumo umano, sono in fase di studio alcune ipotesi, tra cui l’introduzione di alcune specie che se ne nutrono, per effettuare così una lotta biologica.
A suscitare però alcuni dubbi negli scienziati sono le conseguenze che potrebbero avere proprio queste campagne di introduzione.
Per quanto infatti tra i predatori noti dei granchi blu ci sono alcune specie già presenti nei nostri mari - che includono anguille, trote, alcuni squali, una specie di razza dal nome di Rhinoptera bonasus e le pastinache – usare questi pesci in contesti complessi come lo Stagnone di Marsala non è semplice e potrebbe portare a delle successive conseguenze, altrettanto gravi.
A seguito di questa valutazione tecnica, quindi la migliore proposta possibile è istituire una filiera ittica specializzata nella vendita di questi animali, che possa integrarsi tra l’altro alla stessa realtà naturalistica della riserva.
Vendere infatti confezioni di granchi blu dello Stagnone da una parte consentirebbe alla riserva di limitare il grande numero di granchi e dall’altra permetterebbe di creare una economia in grado di sostenere le persone della filiera come diversi progetti di conservazione, da sviluppare nell’area.
L’istituzione di questo mercato "conservazionistico" dovrebbe però sottostare alle severe regole della tutela naturale del territorio e quindi prevedere la cessazione delle attività in alcuni momenti dell’anno, legati alla riproduzione di altre specie da salvaguardare.
Inoltre tale mercato dovrebbe avere come principale obiettivo quello di eradicare o tutt’al più limitare la presenza del granchio blu nello Stagnone, prevedendo delle multe salatissime per coloro che effettuarono un eventuale introduzione volontaria, per scopi di lucro.
D’altronde il regolamento delle riserve naturali nazionali e regionali già prevede l’applicazione di sanzioni per coloro che introducono fauna selvatica alloctona (non indigena) all’interno delle aree protette, quindi si tratterebbe solo di seguire la legge.
Tuttavia, visto l’elevato numero di granchi oggi disponibili nello Stagnone, sorge una domanda, osservando questi grossi crostacei mentre si crogiolano al sole, sotto l’acqua salata.
Le nostre pance riusciranno a tener testa alla brulicante capacità di riprodursi di questi animali? Ai posteri l’ardua sentenza.
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