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Re Ruggero e la Martorana: un mosaico dell'anno Mille che (forse) riscrive la storia

Palermo, si sa, è ricca di misteri storici e uno di questi, di particolare interesse, è legato al re normanno e alla costruzione di una delle chiese più note e visitate della città

  • 5 marzo 2019

La Martorana di Palermo vista da un vicolo in piazza Bellini

Inizialmente fu denominata chiesa di Santa Maria de Admirato. In seguito, dopo che fu unita al monastero della Martorana, perdette pian piano questa sua denominazione assumendo il titolo di San Simone e Giuda, dalla Cappella che costruì Simone Bologna, arcivescovo di Palermo.

L’abate e storico Rocco Pirri (Noto 13 Luglio 1577 - Palermo 22 Maggio 1561), nel suo "Cronologia Regum nes quos Siciliae" (1643), attribuì la fondazione di questa chiesa a Giorgio Antiocheno, anche se in seguito, citò come fondatore Cristoforo Antiocheno, ammiraglio e padre di Giorgio. Alcuni storici del tempo diedero il merito di questa costruzione a Giorgio Antiocheno, altri non furono d’accordo.

Le iscrizioni che si trovano all’interno (greco e arabo), indubbiamente esprimono il nome del fondatore della chiesa ma tuttavia lasciano campo a diverse interpretazioni.

Un esempio: la formula "In nome di Dio misericordioso misuratore", era l’espressione rituale con la quale iniziavano le iscrizioni Mussulmane ma la stessa formula è verosimile anche alle iscrizioni Cristiane. Questa frase, infatti, era impressa nelle monete di Ruggero II e del figlio Guglielmo I, ove era anche aggiunto: "Non v’è Dio se non Iddio, Maometto apostolo di Dio".
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Ritornando al nome del fondatore della chiesa, nella prima cappella si trova un mosaico con una scritta in lingua greca.

Il mosaico raffigura il fondatore della chiesa, con la faccia rivolta agli spettatori, prostrato ai piedi della Vergine Maria. Una scritta recita: "Precatio servi tui Giorgio Amirae" (La preghiera del tuo servo Giorgio Amirae).

Un’altra immagine cita la fondazione della chiesa. Il Pirri scrisse che fu fondata nel 1113. Anche qui si possono fare diverse congetture.

La chiesa, in alcuni documenti risulta consacrata nell’anno 1112, altri storici asserirono che fu costruita nel 1143. In entrambi i casi, diversi sono i dubbi: è strano che fu costruita nel 1113, consacrata l’anno prima e poi riconsacrata nel 1143. Inoltre, nel 1113, era Cristoforo il Grande Ammiraglio, qualche storico asserì che Giorgio ricoprì questa carica proprio in questo anno. In questo caso, è quasi impossibile che l’opera fu compiuta in un anno.

Lo storico Salvadore (Salvatore) Morso, credeva che il tempio fosse stato eretto nel 1143 e consacrato nel 1173. Purtroppo non è mai stato trovato il diploma che citava l’atto di edificazione e prima del 1500 non vi fu alcuna pubblicazione che la citasse.

Esisteva una copia della pergamena conservata nel monastero della Martorana ma probabilmente era stata manipolata come spesso accadeva durante la traduzione dei diplomi ecclesiastici antichi. Ciò accadeva per ignoranza o per falsità ideologica.

Per quanto riguarda la dote, Tommaso Fazello scrisse che Giorgio donò molti "doni e vasi sagri (sacri), e di otto Canonici Sacerdoti". Lo storico Pirri aggiunse che questi otto Canonici Sacerdoti furono trasferiti dal re Ruggero II nella chiesa reale del Palazzo, ai quali se ne aggiunsero altri quattro.

In realtà il diploma originale non menziona il numero dei Canonici Chierici che furono dati in dote alla chiesa. Inoltre il re Ruggero II donò dieci “villani” (nativi) della terra di Misilmeri, due fondachi, uno vicino San Giacomo la Marina, l’altro dentro le mura del Castello, un forno, un orto, una vigna e molti vasi sagri (sacri) di bronzo, di argento e molti libri.

Nel 1220, l’imperatore Federico II, per compensare le spese di una guerra, scambiò i vasi sacri donati da Giorgi ed altri che si erano acquistati nel tempo con il feudo di Scopello.

Un altro mosaico molto interessante è quello in cui si ammira il re Ruggero II che riceve da Dio la corona reale. Questo mosaico, probabilmente mostra più dettagli di quelli precedenti: il re Ruggero II calza dei sandali color rossastro, un camice azzurro gli scende dal collo sino ai piedi, ristretto ai fianchi con un nastro color oro.

Sopra il camice, una tunica ricamata arriva sino alle gambe e su di essa una fascia di colore azzurro guarnita d’oro gli cinge le spalle, incrociandosi nel petto lascia cadere un estremo sino al lembo della tunica, mentre l’altra, passando dal fianco si adagia sul braccio sinistro del sovrano.

L’incoronazione del re Ruggero II re del Regno di Sicilia, avvenne durante la notte di Natale dell’anno 1130 nella Cattedrale di Palermo.

Fu l’Arcivescovo Romualdo II Guarna che lo incoronò. Precedentemente, Ruggero, già dominava con il titolo di Gran Conte su tutte le province di Sicilia, Calabria e Puglia, inoltre si proclamò principe di Capua, onore di Napoli e difesa di Benevento. I suoi domini giungevano quasi fino a Roma.

I cronisti del tempo descrissero l’evento aggiungendo che mai, a memoria d’uomo, avevano visto un simile sfarzo.

Tutti i Vescovi dell’Italia normanna si ritrovavano sul luogo, prosternati davanti all’altare maggiore a faccia a terra insieme ai dignitari di corte. La Cattedrale brulicava di ambasciatori, nunzi, legati e ministri giunti da tutte le parti del mondo conosciuto. La corona di Ruggiero costò quanto quella dell’imperatore di Bisanzio.

All’interno della Cattedrale si mescolava la lingua araba, francese, tedesca, latina, greca, ebraica e volgare italiana. Le uniche potenze di quel periodo altrettanto grandi erano il Sacro Romano Impero governato in quel tempo dall’Imperatore tedesco Lotario II (III), detto anche Lotario di Supplimburgo, l’Impero di Bisanzio retto da Giovanni II Comneno ed il Papato in aperta guerra per l’elezione di due Papi (Anacleto II ed Innocenzo II).

In Italia c’erano le Repubbliche Marinare, alcune città cercavano tra mille difficoltà di ergersi a Comuni ma nessuno di questi poteva paragonarsi allo splendore ed alla ricchezza di questo nuovo Regno normanno.

Ruggiero II non nascose mai le sue ambizioni. Durante questa cerimonia c’erano i più eccelsi mosaicisti del tempo. Uno di loro immortalò l’evento in tutto il suo significato intrinseco.

Questa “tavola”, però, stranamente non si trova all’interno della Cattedrale, bensì dentro la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, denominata “Martorana“, esattamente sul lato destro dell’entrata.

Si può ammirare Ruggiero II nella sua maestosità, rivestito con abiti bizantini e con la stola di Legato Apostolico che si fa incoronare direttamente da Gesù Cristo. Un Cristo non sofferente, umiliato o sanguinante, bensì da Cristo Pantocratore, cioè l’Onnipotente.

Questo per fare capire il personaggio. A quei tempi, infatti, i sovrani ritenevano una fortuna essere incoronati dal Papa. Ruggiero invece aveva “fatto scendere in terra a Palermo“ il Cristo Pantocratore.

Era questi un Cristo bizantino ma assunse agli occhi del mondo la caratteristica palermitana. Da allora fu riprodotto in tutte le absidi delle più importanti chiese arabo-normanne, nella Cappella Palatina, nel Duomo di Monreale. Ovunque è raffigurato con un aspetto ascetico ed identifica la vigoria e la salute.

Nel mosaico della Martorana a differenza degli altri, lo sguardo di Dio è indirizzato oltre le spalle di Ruggiero, come a proteggergli le spalle. Ruggiero invece, fissa lo spettatore e allarga un pò le braccia come per dire: "Vedete, eccolo qui. Sceso in terra per incoronarmi".

Probabilmente fu un monito per tutti i presenti ed i regnanti del tempo.
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