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Mosaici e fotografie raccontano storia, ambiente e uomini: tre mostre a Palermo

Potranno essere visitate alla Chiesa di San Domenico le mostre di Luigi Di Gangi, Letterio Pomara e Guido Gosta: realizzate nell'ambito del Festival delle Filosofie

  • 16 ottobre 2018

"Santi Alchemici", uno dei mosaici di Luigi Di Gangi

Anche questo weekend all'Orto Botanico di Palermo ha visto il sold out per il Festival delle Filosofie (leggi di più), organizzato dall'associazione Lympha ed inserito nel cartellone ufficiale di Palermo Capitale della Cultura.

Ma il Festival non è solo fatto incontri: si inaugureranno nella settimana dal 16 al 22 infatti, le prime tre mostre di alcuni degli artisti del Centro Culturale Biotos chje saranno ospitate dalla Sacrestia della Chiesa di San Domenico.

Potranno essere visitate tutti i giorni dal martedì al sabato (dalle 9.30 alle 17) le mostre di Luigi Di Gangi, Letterio Pomara e Guido Gosta, tre artisti e tre diversi linguaggi che dialogheranno all'interno di una stessa cornice, insolita ma allo stesso tempo solenne e mistica.

Tutte le proposte artistiche sono curate da Marco Pomara, direttore del Centro Culturale Biotos.

"Santi Alchemici": mosaici di Luigi Di Gangi. Si tratta di un progetto espositivo lungo 80 opere, tra quadri e pale, libri e scatole, che propone un suggestivo e sublime percorso iconografico dalle immagini vorticose e quasi ossessive per colori e forza, di ricerca e rievocazioni tra arte e fede nella Sicilia dei suoi Santi.
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Luigi Di Gangi, noto attore e regista teatrale dai natali madoniti, converte la sua arte drammaturgica in materiali “recuperati”, attraverso una tecnica di collage al confine col mosaico, con cui dà vita a discorsi narrativi fortemente visionari. L’artista strappa manifesti dalle strade della sua città, colleziona vecchi giornali e copertine di riviste, locandine, manuali, antiche mappe e rari carteggi, che ritaglia e sminuzza per poi ricomporli, applicandoli su tele e supporti lignei anch’essi riesumati da mercatini antiquari e pezzi di memoria popolare.

"Belchite. Silenzi di guerra" fotografie di Letterio Pomara. È un reportage rigorosamente analogico, con un corpo di una cinquantina di immagini in bianconero e vario formato.

Si parla, fotograficamente, di Spagna e più precisamente della battaglia di Belchite, cittadina a circa 60 km a sud di Saragozza, in Aragona, che nel 1937 fu teatro di una cruenta battaglia tra i nazionalisti di Franco e i repubblicani, ancora oggi ricordata per la sua ferocia. Il paese fu letteralmente raso al suolo, completamente abbandonato dai pochi superstiti, e le sue rovine furono lasciate lì a futura memoria. Un vero e proprio museo degli orrori a cielo aperto, monito silente della crudeltà umana.

È un reportage libero e obiettivo che l'autore ha voluto privo di committenza, per non dar luogo a eventuali strumentalizzazioni. Fotoreporter professionista, Letterio Pomara, è autore di reportage fotografici a sfondo sociale, antropologico e ambientale.

"Corpi strappati e altre lacerazioni" elaborazioni fotografiche di Guido Gosta: si tratta di un percorso espositivo rievocativo ed emozionante tra tele impresse da colori ed acidi, ma soprattutto da ricordi fatui.

Una nuova mostra impossibile da classificare né come fotografica, né pittorica, né altro di convenzionale o conosciuto, in quanto i lavori di Guido Gosta non sono nulla e sono tutto, ma fra tutto certamente più di ogni altra cosa sono poesia, una poesia che non vuole essere nè garbata nè interessata, né accomodante. Immagini malate con vistose alterazioni, come lebbra, come cancro.

Ma c’è qualcosa di insolito che inquieta, questo cancro non appartiene a questi corpi rappresentati, egli è sopra di essi e si avverte un movimento inconsueto nella comunicazione tra fotografo e soggetto.

Qui non è la luce a colpire il soggetto e poi rimbalzare verso l’obiettivo, al contrario si sente che qualcosa si muove preponderante dal fotografo verso un soggetto ignaro. Fotografare come Guido Gosta certamente richiede una discreta dose di scissione emotiva.

Se da un lato infatti emergono costruzioni geometriche accademiche, composizioni attente, un impeccabile utilizzo di luci ed ombre, l’utilizzo di apparecchiature di medio formato o a banco ottico ed illuminazione curata in studio, sempre sapientemente calibrata, poi, successivamente, irrompe un’orda distruttrice che attacca tanta perfezione, tanta precisione e tanta cura.

È l’intervento inconscio della creatività che si ribella al sapere, che maltratta e violenta architetture tanto sapientemente e tanto pazientemente costruite per lasciare solo un senso di lacerazione e di erosione.
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