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I furfanti di Ocean tornano per un film “onesto”

  • 11 gennaio 2005

Ocean’s Twelve
U.S.A. 2004
Di Steven Soderbergh
Con George Clooney, Brad Pitt, Julia Roberts, Catherine Zeta-Jones, Matt Damon, Andy Garcia

Nei seguiti, di solito, troviamo un “2” capeggiare a caratteri cubitali accanto al titolo. Questa volta invece c’è nientemeno che un “dodici”. Eh già, perché stiamo parlando delle nuove avventure dei geni della truffa guidati da Danny Ocean, gli “Ocean’s Eleven” appunto, questa volta arricchiti di un nuovo membro (Tess, la donna di Danny, interpretata da Julia Roberts). Squadra che vince non si cambia, semmai si perfeziona: rimane dunque alla regia Steven Soderbergh ed è riconfermato tutto il vecchio cast faraonico (George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Andy Garcia), rimpolpato, come se non bastasse, da un’altra star di grido (Catherine Zeta-Jones) e da una serie di apparizioni eccellenti (Vincent Cassell, Bruce Willis). L’atmosfera che si respira è a metà strada tra lo scanzonato divertissement di vecchi compagnoni, e il prodotto di marketing confezionato a tavolino per assicurarsi lo scettro di blockbuster natalizio. Questo secondo capitolo comincia esattamente dove avevamo lasciato il precedente: i nostri eroi sono ancora intenti a consumare il bottino intascato col colpo al casinò di Terry Benedict, quando questi gli piomba addosso pretendendo la somma sottratta più gli interessi.

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L’unica via d’uscita per il gruppo è organizzare una truffa ancora più sensazionale, ma questa volta conviene spostarsi in Europa, dove la polizia è meno allertata. A complicare l’impresa ci si metteranno la nuova fidanzata di Rusty (la Zeta-Jones), esperta in psicologia criminale dell’Interpol, che darà loro la caccia; e “Night Fox” (Vincent Cassell), ladro vittima del proprio ego, che li sfida in una gara un po’ particolare. Come spesso accade, il sequel non riesce a reggere il confronto con l’originale. “Ocean’s Eleven” aveva una struttura molto più robusta e coerente, merito di una sceneggiatura di ferro: il film si esauriva tutto nell’architettare un’unica grande rapina, e il godimento dello spettatore scaturiva nell’osservare tutti i pezzi che mano a mano si venivano a incastrare alla perfezione. In “Ocean’s Twelve”, invece, l’azione è frammentata in una serie di colpi differenti che si snodano tra Amsterdam, Parigi e Roma. La storia si sfilaccia e perde di tensione (soprattutto nell’esordio, decisamente lento), anche se poi in parte recupera garantendo il solito colpo di scena finale. La scrittura, inoltre, pare meno curata e con un minor numero di quelle battute fulminanti che contraddistinguevano il primo episodio.

La scena che strappa maggiori risate è frutto di una gustosa invenzione meta-cinematografica: Il personaggio Tess finge nel film di essere l’attrice Julia Roberts (“sfruttando la sua incredibile somiglianza”!!!). La situazione si complica quando le viene incontro Bruce Willis (interpretato dal vero Bruce Willis, ovviamente). Si crea così un corto circuito che fa esclamare alla Roberts, che impersona Tess, che impersona Roberts: “Voi interpretate un ruolo, io, a quanto pare, sono una persona vera. È assolutamente sbagliato!”. Ciò detto, “Ocean’s Twelve” resta una commedia “onesta”, con qualche godibile momento comico e poche punte di suspence, sorniona nei suoi ammiccamenti al mondo romano da “Dolce Vita”, ostentatamente glamour fin nelle note della raffinata colonna sonora electro-funky-rock (con “L’appuntamento” della Vanoni a far da cornice).

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